Recensione: Pestilential Rites of Infernal Fornication
Ognuno di noi, nell’abisso del proprio io, nasconde una stanza segreta, un luogo oscuro dove nascondere la vergogna primordiale che è parte di noi. La camera è chiusa da una porta massiccia la cui serratura non è altro che un enigma psichico ai limiti della risoluzione. Ma un bel giorno accade che qualcosa riesca a scardinare quel dannato confine in cui volteggiano, sulle ali del pudore, le verità più malsane.
I Weregoat ci portano al cospetto di quell’uscio tenebroso per mostrarci il volto di un demone senza maschera che feconda i sogni più peccaminosi tramutandoli in incubi sonori dal sapore maligno.
“Pestilential Rites of Infernal Fornication” è il titolo del debut-album della band di Portland. Il gruppo, in attività dal 2009, dopo aver pubblicato due split e due EP, presenta finalmente il primo e tanto atteso full-length. Un disco che, senza alcun indugio, mostra subito la visione ripugnante di ciò che succede all’interno della fatidica stanza tenebrosa dell’immaginazione più recondita. Uno scorcio di infernale passione mostra la bestia copulare con una donna completamente nuda all’interno di un pentacolo delimitato da candele accese. Un’immagine forte ed esplicita che non vuole essere soltanto una provocazione ma mostra esattamente la sintesi di ciò che accade nelle dieci tracce del disco.
Blasfemia allo stato puro, violenza senza freni, depravazioni spudorate ed una quantità di sesso perverso sono gli elementi che compongono le tematiche di “Pestilential Rites of Infernal Fornication”.
Ma veniamo al dunque, ovvero al capitolo sonoro: il terzetto americano genera una micidiale tormenta di death dalla quale risorge lo spirito più sadico del black-metal. Come un temporale estivo, la musica dei Weregoat arriva all’improvviso: il cielo viene divorato dal buio della vergogna, mentre il rintocco delle campane annuncia il caprone che bela tutta la sua crudeltà. Una cattiveria nella quale si concentrano ritmi vorticosamente rapidi che vengono scanditi da blast beat indemoniati. I riff monolitici somigliano a vere e proprie frustate sonore capaci di provocare profonde ferite dalle quali zampillano richiami sanguinosi al trash maligno degli Slayer ed alla veemenza inarrestabile degli Archgoat. Nella miscela esplosiva ribolle un godimento rumoroso e persistente: il disco non offre alcuna pausa per poter guarire da questa infezione di ferocia che striscia come una serpe ma con la velocità di una libellula impazzita.
‘At Full Moon She Bleeds’ e ‘Pestilential Rites of Infernal Fornication’ raggiungono, senza dubbio, l’apice di tanta atrocità che, come un’armata di orchi senza scrupoli, travolge qualsiasi cosa capiti loro a tiro. Nella caustica ‘Molested By Evil’ un ritmo calzante e ripetitivo muta in un’alluvione catastrofica e delirante, mentre ‘Under The Whip’ e ‘Malediction Command’ sono caratterizzate da intersezioni di accelerazioni torrenziali da far accapponare la pelle. I quaranta minuti di tortura ossessiva, sono rivelati da una voce bestiale che, come acido cloridrico, logora ogni minima parte di purezza che possa appartenere ad un’anima.
Nella camera dello scandalo, dove qualsiasi cosa è tollerata, il caprone eiacula il seme del male sul fertile terreno della coscienza umana dal quale germoglia il metallo più nero e depravato dei Weregoat.
‘Pestilential Rites of Infernal Fornication’ è la sorprendente chiave d’accesso a questo luogo di perdizione.