Recensione: Pharmakos
Ben consci della qualità quasi inarrivabile del deathcore tedesco (Neaera, Heaven Shall Burn, Bust A Move, …), i nostrani Straight On Target non si fanno certo intimidire da questo dato di fatto e, anche loro, si gettano a capofitto negli abissi iper-barici dei breakdown e nelle sincopate aritmie degli stop’n’go. E lo fanno in modo totalmente professionale, dando alle stampe un full-length (“Pharmakos”, il primo di una carriera iniziata nel 2007) che di tutto sa, meno che di debut-album. Certo, nel 2011 è stato pubblicato un EP autoprodotto, “Mediocritas”, che ha dato immediatamente l’idea delle potenzialità possedute dal combo piacentino, ma è solo con la chiusura del contratto discografico con la label milanese Bakerteam Records, che si sono iniziate a fare le cose sul serio.
Il deathcore, però, è un genere ‘pericoloso’; nel senso che le sue immense, quadrate armonizzazioni sono così tipiche da non dare mai adito ad alcun dubbio sulla relativa foggia stilistica. Chi vuole fare di esso la propria ragione di vita, infatti, non ha molti elementi da mettere a fuoco e, quando ci riesce, ne delinea i tratti somatici in modo chiaro, netto, inequivocabile. Questa particolare facilità nel costruire il proprio stile, tuttavia, porta inevitabilmente ad assumere alcuni parametri fissi come per esempio i già menzionati breakdown e stop’n’go, le accordature ribassate delle chitarre, il growling veemente e sfinente del vocalist, i mid-tempo super-pesanti della batteria e le relative sfuriate blast-beats. Con il risultato, a volte se non spesso, per le band, di dar luogo a dei sound praticamente uguali uno all’altro. In sostanza per dei musicisti preparati non è certo un’impresa improba suonare del buon deathcore mentre, al contrario, diventa complicato tirare fuori dal cilindro un coniglio bianco che trasformi del buon deathcore in un certo non so che di unico e di facilmente riconoscibile.
Andrea Scaglia e i suoi compagni d’impegno ce ne mettono, e pure tanto, nel cercare di regalare qualcosa in più dei ‘soliti’ rallentamenti e delle sempiterne accelerazioni. L’esecuzione delle partiture è semplicemente eccellente, così come la produzione: nulla da invidiare a niente e a nessuno, nemmeno di fronte ai migliori interpreti della specie. Il suono di “Pharmakos”, benché possente ed esuberante come numero di watt, è sempre pulito, chiaro e cristallino. La sua profondità, che abbraccia sia le più basse frequenze sia quelle più alte, rende in maniera perfetta la ruvidità di un genere che fa dell’impatto fisico la sua principale caratteristica distintiva. Peraltro, il passaggio fra i vari brani che compongono il platter non comporta alcuna soluzione di continuità né nella forma dello stile, né nella restituzione di energia.
Malgrado questa sagoma complessiva sia stata realizzata con un’encomiabile quanto faticosa professionalità, l’obiettivo di differenziarsi dalla concorrenza non è stato completamente raggiunto, dagli emiliani. L’approccio alla questione è ancora un po’ troppo scolastico, e quindi la concentrazione che sicuramente i Nostri devono aver profuso a piene mani per non sbagliare nemmeno una nota, può aver fatto loro preferire la sicurezza di un sound sicuro e consolidato piuttosto che l’incertezza derivante dal tentativo di proporre soluzioni mai sperimentate in precedenza. Con due eccezioni. “Ostrakon” che, posta di seguito all’intro strumentale “Theta”, ne trascina la raggelante atmosfera generata dai campionamenti ambient. L’incedere della song è meccanico e ricorda quasi il cyber death metal, anche se, immediatamente, il cuore del deathcore si mette a pulsare con tutta la sua intensità. Molto interessante anche il leitmotiv, melodico ma non certo melenso, anzi inquietante quanto basta per rendere piacevolmente disturbante l’ascolto. Poi, la suite finale “Palm Leaves Readers”: articolata, assai tecnica ma facilmente assimilabile, a tratti trascinante, innalzata su dei riff piuttosto originali e gustosamente dissonanti; lenta, sinuosa e – in certi momenti – segnata da passaggi pregni di fredda epicità. Una canzone dal sound modernissimo, anzi futurista.
Una canzone che rappresenta, a parere di chi scrive, una delle possibili strade per rendere meno monotono il deathcore senza snaturarne gli stilemi di base. Gli Straight On Target, ancorché acerbi, hanno dimostrato di essere in grado di farlo, e “Pharmakos” può essere davvero il primo passo evolutivo di un genere che ha già dato e detto tanto, in giro per il Mondo. Ma che può ancora stupire, se la vena creativa di chi lo pratica non si è ancora inaridita.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Theta 1:10
2. Ostrakon 2:14
3. Demonized 4:49
4. Wake The Apathetic 4:50
5. Dreadful Eyes 3:58
6. Initiation 3:54
7. He Spreads Hypocrisy 3:01
8. Synesthesia 4:46
9. Palm Leaves Readers 6:54
Durata 32 min.
Formazione:
Andrea Scaglia – Voce
Giulio Castruccio – Chitarra
Daniele Molinari – Chitarra
Nicolò Rossi – Basso
Federico Buzzetti – Batteria