Recensione: Phobia

Di Daniele D'Adamo - 3 Novembre 2010 - 0:00
Phobia
Band: Athorn
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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75

Una carriera fulminante, quella dei tedeschi Athorn: inizio nel 2008, EP nel 2009 (“Livable Hatred”), full-length nel 2010 (“Phobia”). Il passaggio dei suoi membri da metal-fans a protagonisti della scena è stato repentino quanto, si vedrà, piuttosto riuscito.
Mettiamo subito le carte in tavola, però: il quintetto teutonico non fa thrash. Inteso, questo, nell’accezione prossima a quella «da manuale». Specificando meglio si tratta, semplicemente, di metal (o, meglio (?), «symbionic metal»; così come affermato dal gruppo). Metal costruito partendo da vari stili musicali fra i quali, in primis, heavy e thrash, appunto.

Comunque sia, il groove che fa da cuore pulsante del suono dei Nostri è piuttosto riottoso e scalpitante, essendo tuttavia caldo e avvolgente come una coperta di fine manifattura. La struttura dei brani che compongono il platter, infatti, pur non essendo particolarmente complessa, è assai raffinata nelle sue finiture esterne; regalando così un insieme caratterizzato da classe e melodiosità. E la melodia, e questo è un buon punto a favore di “Phobia”, non è affatto d’immediata assimilazione. Dimenticatevi i ritornelli accattivanti o i break dalla facile presa. L’abilità compositiva del combo di Hannover gli consente di scrivere canzoni da gustare poco a poco, da digerire lentamente. Non annoiando in questa prima fase conoscitiva per poi attirando con decisione l’attenzione dell’ascoltatore con le delicate armonie che, via via, si svolgono come un morbido tappeto davanti ai suoi piedi.

Due i campioni della squadra: il cantante Carsten Frank e il chitarrista Stefan Aedo.
Il primo affronta davvero efficacemente le linee di competenza con il suo timbro caldo e melodico (“After The End”), a volte indurito da un growling aggressivo ma non estremo (“A Matter Of Time”). La buona capacità interpretativa di Frank fa sì che ciascuna canzone sia ben definita e che abbia la propria anima, riuscendo a legarle assieme per andare così a disegnare il marchio di fabbrica dell’ensemble, dai contorni netti e lucidi nonostante la giovane età dell’ensemble stesso.
Il secondo, assieme a Tobias Liedke, tesse un articolato tessuto ritmico dai toni moderati, coerente con lo stile proposto ma saldo e deciso nello sviluppo degli accordi. A parte ciò, Liedke svela un gusto sensibile e delicato nell’esecuzione dei soli che, se possibile, impreziosiscono e approfondiscono ulteriormente il mood generale, un po’ dimesso e melanconico.

Pur ravvisando più di un aggancio stilistico a qualche nome di fama internazionale, come Nevermore, Queensrÿche e Sanctuary, i cinque della Bassa Sassonia riescono a fissare un sound personale (come già accennato più sopra), fresco e – allo stesso tempo – maturo. Un’impresa per nulla semplice.

Fra le canzoni svettano «il tormentone» “The Ferryman” (provate a togliervela dalla testa …), l’articolata “Schizophrenia”, l’arabeggiante “Humanitaze The Demon” e l’hit “Phobia”. Il «pacchetto brani», nella sua natura unitaria, ha un peso che gira l’ago della bilancia verso il discreto/buono. Manca, forse, una canzone davvero esplosiva e, più probabilmente, un songwriting del tutto formato e compiuto in quella che dovrebbe essere la sua fisionomia finale.

“Phobia” piacerà più probabilmente agli amanti delle sonorità morbide, calde ed eleganti, piuttosto che a un auditorio di affamati thrashers. Tuttavia, consiglio vivamente a tutti di tirare il fiato, per una volta, nel soffermarsi a gustare – con pace e serenità – il languido panorama materializzato dalla musica degli Athorn.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Angel Of The Fall 4:29
2. Emperor Of Ruins 4:40
3. Humanitaze The Demon 5:34
4. Phobia – Prologue 2:51
5. Phobia 5:47
6. After The End 4:36
7. A Matter Of Time 4:12
8. From Beyond 4:53
9. The Ferryman 5:24
10. Schizophrenia 7:29

Line-up:
Carsten Frank — Vocals
Stefan Aedo — Guitar
Tobias Liedke — Guitar
Thomas Maiwald — Bass
Süren Becker — Drums
 

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