Recensione: PhorcefulAhead

Di Luca Palmieri - 9 Giugno 2007 - 0:00
PhorcefulAhead
Band: Symphorce
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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78

E’ opinione comune ormai che per sfornare un buon disco i musicisti debbano aspettare qualche anno, per dare una migliore forma e sostanza alle proprie idee ed elevarsi da un songwriting mediocre. I Symphorce, capitanati dall’eclettico cantante Andy B. Franck, hanno dimostrato che questo corollario poco gli si addice, e in soli quattro anni hanno sfornato ben tre dischi. Il matrimonio con la Noise records certo non è stato dei più felici, e quindi, freschi di contratto con la Metal Blade, ci offrono questo terzo capitolo della loro discografia. E’ doveroso premettere che i Symphorce sono il “giocattolino”, se così vogliamo chiamarlo, del su citato Andy, dato che la sua band principale, con la quale ha avuto un buon successo, sono i Brainstorm; eppure, nonostante le dovute differenze, ad un ascolto sommario i punti di contatto tra queste due band non sono poche. E i fan di questo stile che io, se mi permettete, oso chiamare “metal peNsante”, di certo non ne sono disdegnati. Lo stile è comunque quello ormai riconoscibilissimo del Power, ma il bisogno di novità da parte dei Symphorce ne ha rigettato (o quanto meno ridotto) i clichè più sputtanati, e sputtananti. Quindi, niente spade di smeraldo nè cacciatori di draghi, ma esperienze personali e pensieri profondi che il più delle volte defluiscono in un sentimento crepuscolare di sconforto e oscuro misticismo. Il sound stesso ricalca queste tematiche, offrendosi all’ascoltatore con molti mid-tempo e parti rallentate. Non che questo sia una nota di demerito, anzi, questa sorta di freno a mano che accompagna i dieci capitoli del platter fa risaltare ancor meglio il possente lavoro di arrangiamento dei pezzi, mediato da un eccellente prestazione di Cedric Dupont, già nei Freedom Call. E come Cedric, anche gli altri membri della band riescono ad offrire composizioni davvero ben curate e ficcanti. Ovviamente, come è facile intuire, il ruolo principale della band lo assume Andy, e la sua voce, calda e atmosferica, funge da perfetto collante tra le prodezze strumentali di Cedric, Markus Pohl, Dennis Wohlbond al basso e Sascha Sauer alle percussioni. In particolare, quest’ultimo è bravissimo ad alternare patterns ricercati e ambient a sfuriate di doppia cassa. Ma veniamo alla recensione dei brani che compongono il lavoro.

TRACK BY TRACK
Il disco è un’oscillazione perpetua sui ritmi medi, che toccano punti di lentezza ossessiva e picchi di velocità ruggente. “Speak my mind” apre il sipario: quasi una rappresentazione scenica, un teatro sonoro. Melodie oscure che si intrecciano dall’arpeggio iniziale perdurando lungo la incessante processione centrale. “Unbroken” alza i bpm: un riff possente apre le danze, e la primadonna Andy entra in scena alternando vocals gravi ad acuti taglienti, fino al ritornello, molto catchy. “Slow down“, che a differenza del titolo inizia con una rullata di doppia cassa molto power e prosegue sugli stessi livelli del brano precedente. “Longing home“, che parte con un granitico riff elettrico per poi sfociare nella voce soffice di Andy su accompagnamento di chitarre acustiche, le quali lasciano il posto di nuovo alle elettriche per il resto del brano. Altro brano sulla scia delle precedenti, ma che è meritevole, a mio parere, di un encomio particolare per la sezione dei soli, particolarissimi e molto evocativi. Per le restanti canzoni, vale il discorso fatto in apertura: oscillazioni continue da parti lente a parti veloci, con ritornelli estremamente lirici e corposi. Le uniche che si discostano dai ritmi medi sono “Falling through again“, che si dipana come un filo di lana su tonalità morbide e pacate, e “Rage of violence“, dirompente e furiosa. A chiusura, altri due brani umorali: “Touched and Infected” e “Nothin’ Left“.

SOUNDS GOOD?
Voce – Come detto anche più volte sopra, Andy sfoggia una prestazione ammirevole, toccando corde gravi e acute con sapiente maestria, lasciando come denominatore comune una profondità di esecuzione quasi solenne. Merito ulteriore, quello di usare armonie e cori azzeccatissimi.

Chitarre – Riffs potenti, ritmiche impeccabili e parti acustiche evocative. Nient’altro da dire, ottimo lavoro.

Basso – A volte troppo statico, ma nonostante tutto ben accorpato al sound.

Produzione – Quasi thrash. Cassa altissima, rullante secco e piatti con tantissimo riverbero. Distorsioni delle chitarre aggressive. Il basso, a differenza della gran parte delle produzioni heavy e power, risulta ben distinto. A volte, però, risulta troppo “gommoso”. La voce è il punto centrale di tutto il sound, che in toto risulta essere corposo e, come dicevo su, “thrashy”.

Dopo un recensione così, scommetto che molti di voi si aspettano il “votone”. Ebbene, non mi sento di dare un voto alto a questo disco. E i motivi sono diversi.
Bisogna dare atto ai Symphorce di essersi slegati dai parametri ben definiti del Power classico, per ricreare uno stile particolare. E non c’è niente da ridire sulla preparazione tecnica dei musicisti che compongono la band. Ma, ascoltando il disco, la sensazione che essi si siano focalizzati a seguire un metronomo impostato su velocità medie è forte. E lo diventa sempre di più proseguendo nell’ascolto. L’omogeneità è un pregio per una qualsiasi band metal, ma anche il più integerrimo dei fan si aspetta qualche “variazione sul tema” dai propri beniamini. E i Symphorce non la operano. Riprendendo la metafora scritta precedentemente, le oscillazioni sono di piccola entità, e solo “Speak my mind“, “Falling through again” e “Rage of violence” si discostano dal metronomo di cui sopra. Sia chiaro, ascoltando il disco non sbadiglierete mai; ma nemmeno vi farete prendere dalla euforia. Appunto, così come il disco, il vostro animo oscillerà tra momenti di stanchezza e momenti di risveglio.
E oltre a quanto scritto sopra, si ha anche la sensazione che i Symphorce si obblighino ad arrangiare strutture compositive complesse e sofisticate ad ogni costo. E ciò può essere fastidioso, un pò come un ospite che vi si presenta in casa vestito di tutto punto anche se fuori c’è un caldo opprimente.

Classe ostentata? Non direi. Ricercatezza per forza? Ecco, centrato il punto.

Luca “NikeBoyZ” Palmieri

Tracklist:
1. Speak my mind
2. Unbroken
3. Slow down
4. Longing home
5. Moving in circles
6. Falling through again
7. Your blood, my soul
8. Rage of violence
9. Touched and infected
10. Nothin’ left

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