Recensione: Piece Of Cake
I gloriosi anni ’80, gli anni del Rock patinato, quelli del successo incredibile raggiunto da realtà storiche come Poison, Skid Row, Guns ‘N’ Roses e Ratt (giusto per citarne alcune), sembrano oggi vivere una seconda giovinezza nelle canzoni contenute in “Piece Of Cake”, primo album orchestrato dagli italiani Wicked Starrr.
Negli oltre quaranta minuti totali dell’opera, il gruppo Capitolino tenta, infatti, di ravvivare l’atmosfera intramontabile degli anni d’oro dell’Hard Rock melodico, sanguigno e stradaiolo, confezionando un platter di buona fattura, caratterizzato da una produzione pulita quanto “degnamente” old style e da un artwork in cui le generose curve di una sensuale fanciulla dominano la scena: un’iconografia come la migliore tradizione del genere impone, basti pensare, ad esempio, alla copertina dello storico “Invasion Of Your Privacy”, portato al trionfo dai già menzionati Ratt nel 1985.
La formula del “Sesso, droga e Rock ‘N’ Roll” è più che mai viva e fa da sfondo alle dieci canzoni che compongono il disco.
L’energica “Fucker” rappresenta un inizio adrenalinico e trascinante: riff chitarristici taglienti seppure mai eccessivamente vigorosi, ben si amalgamano alla sezione ritmica messa in evidenza dalla produzione nitida, sulla quale si stagliano le melodie orecchiabili interpretate dal bravo singer Dave J. Halson, protagonista di un ritornello dal refrain vincente e di facile assimilazione.
La successiva “One Night Stand”, mostra nuovamente l’abilità del combo tricolore nel destreggiarsi in equilibrio tra potenza e melodia, unite alla voglia di divertirsi e far divertire il pubblico. Bello anche questa volta il ritornello, semplice e vagamente “kissiano”.
Con la seguente “And The Devil Misses You”, le velocità si fanno più cadenzate, mentre resta inalterata la componente melodica tipica del quartetto romano, che inserisce così in scaletta una rilassante e riuscita ballad elettro acustica, preludio della più sostenuta e adrenalinica “Letters Of Love”, traccia caratterizzata da un’atmosfera divertente e ben sottolineata dal buon lavoro chitarristico svolto da Andy Starrr. Ancora una volta l’ottimo coro ne rappresenta la carta vincente e definitiva.
Sulla medesima scia si muove anche la gradevole “Roundabout Is For Losers”, ancora prepotentemente in stile Kiss e contraddistinta da uno schema melodico molto semplice; questa volta le chitarre sembrano graffiare maggiormente, donando un pizzico di potenza in più ad un brano.
Il gruppo continua con coerenza il proprio percorso, presentando la divertente “Neighborhood Rockstar”, nella quale aleggia minacciosa l’anima dei migliori Poison: la fede nell’Hard Rock più alcolico è viva più che mai, suggellata da un coro ancora una volta azzeccato.
Con la più massiccia “Gang Of Wolves”, i Wicked Starrr tornano poi a fendere l’aria con un Rock più serrato e potente, tornito dai ruvidi riff chitarristici macinati dalla sei corde di Andy Starrr.
Ma è riprendendo le sonorità di veri e propri classici come “Every Rose Has Its Thorn” (Poison) e “I Remember You” (Skid Row), che per i Wicked Starrr mostrano pure il loro lato passionale: giunge così il momento di abbandonarsi a sonorità acustiche sulle note della bella “You’re Not The Same”, ballad crepuscolare e malinconica che rappresenta forse il miglior momento di questo primo album.
Ormai, arrivati quasi al termine di questo buon debut, i nostri si congedano con “Red Light Paradise” (il cui refrain pare sempre costruito in modo da colpire l’attenzione del fruitore) e la rasoiata della conclusiva “The Show”, traccia posta a sigillo di un’opera gustosa e notevole.
Senza dubbio un esordio interessante che, al netto di qualche ingenuità di fondo, non mancherà di offrire qualche gioia a chi ancora sogna ed è ammaliato dalle tipiche atmosfere degli anni ’80.
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