Recensione: Pink Bubbles Go Ape

Di Mauro Gelsomini - 17 Novembre 2002 - 0:00
Pink Bubbles Go Ape
Band: Helloween
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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70

Gli Helloween, orfani della fervente arte compositiva di Kai Hansen, fanno uscire questo album ben consci di quanto sarà lontano dai due “Keeper Of The Seven Keys”. Il disco, scomodissimo per la rivelanza storica dei suoi predecessori, tenta di cambiare un po’ i toni cui gli Helloween avevano abituato, puntando di più su quell’atteggiamento spensierato e giocoso che aveva caratterizzato pezzi come “Dr. Stein” o “Rise And Fall”. Si perde, però, tutta una serie di sensazioni immaginifiche e passionali, che alla lunga fecero le fortune dei “Keeper”. Il sostituto di Hansen è Roland Grapow, che non si farà certo apprezzare per le sue doti di songwriter.
Già la copertina del CD, un pesce che sta per finire inesorabilmente nella bocca di una bionda, è tutto un programma: assolutamente fuori standard, spiazzante, e, in un certo senso, derisoria.
Purtroppo i cambiamenti annunciati non vengono riproposti anche nelle song, troppo legate a schemi spesso ripetuti e già avvertiti. Tra l’altro i pezzi davvero riusciti, forse un quinto del totale, devono il loro successo quasi esclusivamente alla meravigliosa voce di Michael Kiske.
Le differenze rispetto al passato sono più che altro da trovarsi nelle liriche, qui incentrate su temi socio-ambientali o riguardanti l’autostima. Molti pezzi sono anche qui veloci e heavy, ma forse la produzione diventa più pacata (si è passati dal lavoro di Tommy Hansen a quello di Chris Tsangarides): il sound si è indebolito e allo stesso tempo è divenuto ricercato, le chitarre risultano un po’ piatte e il drumming si è decisamente impoverito.
In effetti l’anthemico singolo che fa da opener al disco, “Kids Of The Century”, dovrebbe mostrare ai fans che la band è tornata più forte che mai (sono passati ben quattro anni dall’ultimo album), e altre fiammate come “Back On The Streets” e “Goin’ Home”, dovrebbero conservare il sound che aveva firmato la produzione passata.
Non è così, anche se i pezzi davvero memorabili non mancano: “The Chance” rimane, a mio avviso, una delle migliori canzoni partorite dagli Helloween nella loro carriera, grazie al suo up-tempo incedente e alle sue liriche positive e ottimistiche.
La svolta stilistica, proseguita poi con caparbietà da “Chameleon”, si palesa con pezzi scompigliati, come “I’m Doin’ Fine Crazy Man”, scritta da Weikath in collaborazione con il bassista Markus Grosspow, mentre l’old helloween style è ancora avvertibile in “Someone’s Crying”, decisamente veloce e diretta. Menzione a parte dev’essere fatta per la conclusiva “Your Turn”, ballad country metal sognante e appassionato, con un Michael Kiske a dettar legge e a far innamorare le ragazzine…
I fan non devono certo aver apprezzato la scelta di inserire alcuni cambi di tempo, spesso repentini, spesso tenuti insieme con intermezzi tastieristici come in “Number One” e “Mankind”, apprezzabili secondo me soprattutto per l’ottimo groove e per il feeling dark che aveva fatto grandi le zucche di Amburgo. La scanzonata “Heavy Metal Hamsters” è godibile, anche se forse fastidiosa per chi fa del metal una ragione di vita, e non vuole bizzarrie in ciò che ha eretto a pilastro della sua formazione…
In definitiva, non mi sento di considerarlo un incidente di percorso: non si tratta certo del classico Helloween sound, ma rimane un album discretamente complesso, piacevole, a tratti eccitante.

Tracklist:

1 Pink Bubbles Go Ape
2 Kids Of The Century
3 Back On The Streets
4 Number One
5 Heavy Metal Hamsters
6 Goin’ Home
7 Someone’s Crying
8 Mankind
9 I’m Doin’ Fine Crazy Man
10 The Chance
11 Your Turn

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