Recensione: Pirates II – Armada
A due anni da Pirates ecco tornare gli austriaci Visions Of Atlantis con il seguito intitolato Pirates II: Armada. La band della Styria arriva con questo lavoro all’ottavo album in studio.
Dopo l’esordio del 2002 con Eternal Endless Infinity, i Visions Of Atlantis hanno vivacchiato sulla scia del symphonic female metal venendo, certe volte, un po’ spernacchiati come fotocopia dei Nightwish. Infatti, i nostri hanno realizzato una serie di lavori, anche discreti, ma che attingevano palesemente dalla celebre formazione finlandese. Una dedizione a Holopainen e soci che ha indotto molti guardare ai Visions Of Atlantis con una certa diffidenza. Poi nel 2022 con Pirates hanno fatto una piccola svolta. Pur restando nei canoni del symphonic, il disco in questione segnava un passo in avanti per la formazione austriaca. A questo punto non può non destare una certa curiosità questo seguito, per capire se i Visions Of Atlantis abbiano davvero trovato la strada giusta o siano come la classica gallina cieca che prima o poi riesce a beccare un grano.
Rispetto a Pirates del 2022 la formazione resta invariata, con il batterista e fondatore Thomas Caser affiancato dal chitarrista Christian Douscha e dal bassista Herbert Glos. Riconfermata anche la cantante francese Clémentine Delauney a dividere le parti vocali con il nostro connazionale Michele Guaitoli (Temperance, Overtures), in formazione dal 2017.
Le parti orchestrali, come sul precedente Pirates, sono ad opera della coppia Felix Heldt e Lukas Knoebl. Per la produzione infine, ci si è nuovamente affidati a Jacob Hansen.
Dopo la breve To Those Who Choose to Fight che funge più che altro da intro, si passa alle pompose sinfonie di The Land of the Free, di seguito Monsters, dove si punta a giocare con delle melodie orecchiabili ed un ritornello accattivante. Pare proprio che la band austriaca stia continuando sulla giusta rotta del disco precedente. Sempre sperando che non vada ad infrangersi su qualche scoglio con il proseguire dei brani. Tonight I’m Alive inizia con una fisarmonica che crea un’atmosfera da sagra paesana la quale persisterà per tutta la durata del pezzo. Si direbbe che i Vision Of Atlantis, con questa traccia, abbiano attinto da una certa tradizione popolare mediterranea mista a canti da taverna.
Decisamente più vigorosa Armada dove anche i coretti di sottofondo si fanno più pesanti, rivelando una certa ribalderia figlia dei pirati metallici per eccellenza Running Wild.
The Dead of the Sea dopo un inizio soft, si evolve in mid tempo epico dai toni teatrali e drammatici.
Degna di attenzione Ashes to the Sea, una ballata sospirosa con incedere solenne che pare una Sons Of Pain dei Rhapsody Of Fire riproposta in chiave piratesca.
Un pezzo forte di Armada è la seguente Hellfire, che dopo un intro di gusto teatrale sboccia in un brano arrembante con la coppia Delauney/Guaitoli in gran spolvero.
Si cambia registro con Collide, un tempo medio con le vocals che diffondono un’aura sognante.
Magic of the Night gioca ancora sulle melodie facili miste a quell’attitudine folk che fa sempre presa sull’ascoltatore. Michele Guaitoli si prende una pausa su Underwater, una ballad triste e sofferta affidata alla sola voce di Clémentine Delauney.
Infine Where the Sky and Ocean Blend che possiamo definire come la suite di chiusura, pur sviluppandosi in un tempo relativamente contenuto di 7 minuti e mezzo. Una traccia ascoltabile ma che sinceramente non dice niente di particolarmente memorabile.
I Visions Of Atlantis continuano quindi a viaggiare con il vento in poppa con un album che funziona come il precedente. Lo spettro dei Nightwish aleggia ancora sulle composizioni della formazione austriaca, ciò nonostante appare evidente la volontà di andare oltre al mero copia e incolla rischiando, a volte, di arrivare ai limiti del plagio. Un buon album e un altro passo verso una completa maturità artistica.
https://www.visionsofatlantis.at
https://www.facebook.com/visionsofatlantisofficial