Recensione: Pitchfork and Lost Needles
Nulla di nuovo sul fronte Clutch o meglio, quasi. Infatti, dopo la ristampa di soli pochi mesi fa (“Jam Room”, recensito anche se queste pagine), il combo dell’axeman Tim Sult ripropone, in attesa di un nuovo prodotto inedito, una specie di raccolta molto “farcita” di quelli che erano gli esordi della band. Per la precisione “Pitchfork & Lost Needles” ripropone per intero le rimasterizzazioni del primo EP in assoluto della band (“Pitchfork”, datato 1991), con in aggiunta 4 track già pronte e mai rilasciate prima e 2 composizioni (le ultime) nuove di pacca.
Chi abbia mai sentito i Clutch (magari pure quelli di “Jam Room”, disco già particolare di suo) nella loro versione “definitiva” (un hard molto contaminato da influenze southern, groove, stoner e chi più ne ha più ne metta) potrebbe stentare a credere alle proprie orecchie. Infatti, rispetto ai prodotti “tradizionali”, questo platter è pura potenza e cattiveria. Per intenderci la strada percorsa è quella del metal/stone/thrash/hardcore inizio anni 90; le note emesse sono un gradevole (e godurioso per chi ama il genere) misto di bands come Biohazard e Helmet, con accenni anche a nomi di ben più grosso spessore di questi 2 (già non indifferenti). Giusto per fare un esempio, se qualche giro di chitarra di “Arcadia” o “Juggernaut” fosse stato, col dovuto aumento di potenza sonora, su un disco dei Pantera, sinceramente non mi sarei affatto stupito. Il risultato finale è senza dubbio di buon spessore, migliorato notevolmente grazie alla produzione perfetta in termini di “sonorità dure e sporche senza però intaccare la qualità audio del disco”, ed ha come principali aggettivi cattiveria, potenza, violenza , scapocciamento, freschezza. Essendo un remaster, tutti i piccoli errori che caratterizzavano l’ep (di quasi 15 anni prima), sono stati rimossi, e nulla rimane fuori dalle righe, così da non far storcere il naso : la fusione di suoni, distorsioni, voce in un tutt’uno, che sembra un pugno in volto, è (quasi) perfetta.
Di canzoni veramente validissime ce ne sono diverse, in particolare le due già citate, alle quali vanno aggiunti gli ultimi 2 brani, che se ascoltati fanno sorridere. Sono infatti consigliatissimi per far capire al pubblico l’evoluzione della band ; essendo infatti nuovi, ricalcano lo stile attuale del quartetto (Sult, Gaster, Maines, Fallon) che, con relative preferenze o meno degli ascoltatori, è totalmente cambiato.
Sembrano 2 epoche fuse in un solo platter, platter che sicuramente vale la pena di sentire almeno una volta, e più di una volta per chi vuole farsi una sana headbangata solitaria nella sua stanza (come il sottoscritto mentre finisce questa rece).
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
1) Wicker
2) Arcadia
3) Juggernaut
4) Far Country
5) Nero’s Fiddle (Unreleased track)
6) Passive Restraints (Unreleased demo version)
7) Bacchanal (Unreleased demo version)
8) Milk Of Human Kindness (Unreleased demo version)
9) What Would A Wookie Do? (nuova)
10) Bottoms Up, Socrates (nuova)
p.s : il termine hard come genere di riferiemento è usato solo visto lo stile intrapreso dal combo negli anni, non a questo disco in particolare, che sinceramente non saprei definire alla perfezione.