Recensione: Plague Angel
Tornano i Marduk con il primo album post “era Legion”, questa volta dietro al microfono troviamo il neo entrato Mortuus, già cantante di Funeral Mist e Triumphator col soprannome di Arioch. Per rispondere a tutti quelli che si domandavano tanto come sarebbe stato il nuovo singer, diciamo subito che si tratta di qualcosa di decisamente diverso, ma non diverso in meglio. La voce di Legion era caratteristica e per inciso era anche uno dei miei singer black preferiti, questo nuovo Mortuus non è niente di che, una voce normale alla quale comunque personalmente sarà difficile abituarsi data la distanza dall’illustre predecessore.
Questo “Plague Angel” però non è solo il nuovo cantante, ci sono anche diverse altre cose, di cui andiamo subito a parlare, ma che, sarà il caso di dirlo subito, non sono tutte positive.
Dal punto di vista dello stile musicale questo cd in effetti andrebbe più propriamente piazzato tra “Panzer Division Marduk” e “La Grande Danse Macabre” perchè presenta elementi tipici del sound di entrambi i dischi appena nominati. Si comincia con “The Hangman of Prague”, un brano, come il successivo “Throne of Rats”, che dal punto di vista della velocità e della violenza sembra preso di peso da “Panzer Division…”. Con “Seven Angels, Seven Trumpets” invece sembra di trovarci dalle parti di “La Grande Danse Macabre”, un brano più lento, con passaggi che vorrebbero creare una maggiore atmosfera.
Si torna poi a pigiare sull’acceleratore con “Life’s Emblem” e “Steel Inferno”, per poi tornare su ritmo lenti e leggermente ossessivi con “Perish in Flames”. Ancora due brani veloci e violenti con “Holy Blood, Holy Grail” e “Warschau”, prima dell’unica felice sorpresa, a mio avviso, di questo disco. “Deathmarch” infatti rompe finalmente un po’ gli schemi e ci presenta un brano dal sapore più doom che black, un ritmo da marcia, tetro e cadenzato introduce questa canzone in cui chitarre, basso e batteria non compaiono mai. Solo la voce interviene da metà della canzone alla fine, ma è sussurrata e con un forte eco. Non si tratta di niente di che, ma almeno rompe un po’ la monotonia di questo album altrimenti completamente uguale ai precedenti.
A chiudere poi questo disco troviamo ancora “Everything Bleeds” e “Blutrache”, veloce il primo, un po’ un misto tra le due anime di questo album il secondo.
Riguardo alle critiche, direi proprio che ce ne sono tante. Se con il precedente “World Funeral” i Marduk avevano tentato qualche esperimento, qualche inserimento di nuove sonorità, con questo “Plague Angel” fanno un deciso passo indietro. Tornano al sound che gli è sempre stato più proprio ma con risultati ben distanti dal passato. Il senso di dejà-vu che si percepisce lungo tutta la durata dell’album è a dir poco palpabile e spesso e volentieri fastidioso. Inoltre la canzone che ho preferito di questo disco “Throne of Rats” è quella che ricorda più da vicino (anche proprio a livello di riff) “Panzer Division Marduk”. Unica eccezione “Deathmarch” che fa sentire qualcosa di nuovo, ma è veramente troppo poco. Se a tutto questo aggiungiamo anche il fatto che dietro al microfono non c’è più Legion, direi che abbiamo detto tutto.
Per concludere: un album a mio avviso un po’ inutile, i riferimenti al passato sono talmente tanti che spesso e volentieri ascoltando questo disco mi è venuta voglia di toglierlo e di ascoltare “Panzer Division Marduk” o addirittura “La Grande Danse Macabre”, giusto perchè almeno ascoltavo gli originali e non una brutta copia. Un disco che si prende un simile voto per il solo fatto che comunque a livello di produzione e di realizzazione è fatto piuttosto bene, se non dovessimo considerare questi fattori il voto precipiterebbe verticalmente.
Tracklist:
01 The Hangman of Prague
02 Throne of Rats
03 Seven Angels, Seven Trumpets
04 Life’s Emblem
05 Steel Inferno
06 Perish In Flames
07 Holy Blood, Holy Grail
08 Warschau
09 Deathmarch
10 Everything Bleeds
11 Blutrache
Alex “Engash-Krul” Calvi