Recensione: Planet E.

Di Daniele D'Adamo - 25 Novembre 2007 - 0:00
Planet E.
Band: Heavens Gate
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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82

Gli Heavens Gate sono una delle più antiche band tedesche (Wolfsburg, Lower Saxony) di Power, in quanto formatesi nel lontano 1982 (si chiamavano Steeltower), con carriera discografica che ha abbracciato un arco temporale fra il 1984 (anno di uscita sul mercato del primo full-length Night Of The Dog, per la Mausoleum) ed il 1999, anno di uscita dell’ultimo full-length Menergy, per la Steamhammer/SPV.

Planet E., oggetto della presente recensione rappresenta, invece, la penultima uscita discografica del gruppo, che per l’occasione ha prodotto l’album stesso con la seguente formazione: Thomas Rettke (vocals), Bonny Bilski (guitars), Sascha Paeth (guitars),  Manni Jordan (bass) e Thorsten Mueller (drums).

Ed il fatto che il gruppo sia nato a cavallo della N.W.O.B.H.M., lo si sente immediatamente, dalla prima all’ultima traccia, in virtù di un sound che raggruppa ancora, nel 1996, intatti, tutti gli elementi che definiscono quello che, proprio negli anni di inizio decennio ’80, aveva un solo nome: Heavy Metal. 
La struttura delle canzoni, rigorosamente attinente allo schema-base del Rock; il cantato, classico e pulito nell’impostazione di base; le linee di basso, dinamiche, energiche e ben definite; il riffing e gli assoli delle chitarre, di matrice rigorosamente ortodossa e spesso echeggianti certo Rock anni ’70; la ritmica, semplice, lineare e mai troppo arzigogolata.
Il groove, insomma, è innestato su uno scheletro dall’ossatura Heavy Metal, sul quale, tuttavia, il gruppo ha inserito gli elementi musicali di un Power – anch’esso classico – di natura convenzionale, non legata alla concezione, che ci si potrebbe aspettare, di un Power tipicamente tedesco.

Come sopra accennato, già in Terminated Word si può apprezzare una song dal forte sapore Hard Rock, dal percorso ritmico accidentato, dal ritornello semplice e melodico, nobilitata da assoli di chitarra ben concepiti ed eseguiti, dotati di autonoma personalità nel contesto della canzone stessa. Gradevolissimo il cantato proposto da Thomas Rettke, potente ma vario, e modulato su varie tonalità. Dal tono simile è Rebel Yell, lenta, sinuosa, intimista, a volte riottosa ed anthemica, soprattutto nel ritornello, scandito dalle chiare e mobili linee di basso di Manni Jordan, con inserimento di soli di chitarra dissonanti ed disarmonici. Anche Back From The Dawn propone una sorta di Hard Rock molto vigoroso, dalle tinte velatamente oscure, dal riffing marcato e vario, dal cantato deciso ed aggressivo, che si ammorbidisce per il ritornello, comunque sempre ciclico e cadenzato.

Planet Earth, dall’introduzione sottolineata da un sottofondo “documentaristico” e da una sorta di lamentoso richiamo al nostro meraviglioso pianeta, inizia in maniera sostanzialmente dimessa e lenta, per poi alzare il ritmo che, finalmente, diventa potente, massiccio e canonicamente Power. Molto melodico il ritornello, dal tono vagamente oscuro, ma davvero ben riuscito ed armonico. Molto armonici anche i soli di chitarra, che si sviluppano nel break centrale della canzone (ove compaiono anche pennellate di violino), supportata in maniera efficace dal drumming di Thorsten Mueller per un groove dal tono epico e possente. Ritmi elevati anche con On The Edge, dal bel refrain in coro, dalla ritmica a doppia cassa costantemente veloce e potente, dai continui, rapidi e fulminei break delle chitarre di Bonny Bilski e Sascha Paeth. Poderosa anche Black Religion [The Kings Of War], dall’intro scandito dalle acute note dei sitar, per poi salire di tono verso un ritmo sostenuto e potente, ben accompagnato dalla voce di Thomas Rettke, a parere di chi scrive il “fuoriclasse” della band. Che infatti interpreta in maniera decisa, marcata e sentita il bel ritornello, ammantato da classicheggianti cori femminili. Ottimo anche il lavoro delle chitarre, che sciorinano assoli chiari, cristallini ed armonici, che si inseriscono alla perfezione nel contesto della canzone.

Episodio atipico con The Children Play, dall’introduzione di musica classica, subito dopo accompagnata dal dolce cantato di Thomas Rettke, che si muove su una base altrettanto dolce e languida di chitarra acustica, dimostrando una buona estensione vocale e, soprattutto, una ottima profondità tonale. Gradevolissimo e melodioso il ritornello, davvero ben riuscito, aiutato in ciò dalle semplici ma belle orchestrazioni in sottofondo. Una ballata che nobilita l’intero album, in sostanza.

Atipica anche Noah’s Dream, una lunga suite introdotta dal cantato di Thomas Rettke, che intona le note della canzone senza l’ausilio della base strumentale. Poi, la canzone parte in quarta con una base ritmica massiccia e rocciosa, su cui si svolgono melodiche linee vocali spesso arricchite dalle corpose cascate di note generate dalle chitarre soliste. Melodico e dal groove tipico del Power tedesco (unico episodio in tutto il disco), il pre-chorus e successivo chorus. Break centrale lento e costruito soltanto dalla chitarra acustica e dalla voce, che si instrada verso un bell’intermezzo corale, dal sapore fortemente Folk. Ottimi come sempre gli assoli di chitarra, aiutati in ciò dalla ritmica chitarristica di base, armonica ed orecchiabile, e dal lavoro del basso di Manni Jordan, personale e vario, che fa non solo da ossatura ma anche da motivo portante alla canzone.

Infine le due cover, Animal (di Lisa Dal Bello), e This Town Ain’t Big Enough For The Both Of Us (di The Sparks), che nulla aggiungono e nulla tolgono al valore dell’album.

Valore che è senz’altro su ottimi livelli, in virtù di una innegabile classe a livello compositivo, che ha saputo coniugare in maniera perfetta il groove “antico” dell’Heavy Metal alle più moderne sonorità del Power, data la varietà, omogeneità delle canzoni, data anche l’abilità ed esperienza dei musicisti, la bontà della produzione e, non ultima, la bravura del singer.

Daniele D’Adamo

Tracklist:
1. Terminated World
2. Planet Earth
3. Back From The Dawn
4. On The Edge
5. The Children Play
6. Rebel Yell
7. Black Religion [The Kings Of War]
8. Animal (Lisa Dal Bello cover)
9. Noah’s Dream
10. This Town Ain’t Big Enough For The Both Of Us (The Sparks cover)

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