Recensione: Planetarium

Di Alessandro Calvi - 30 Luglio 2008 - 0:00
Planetarium
Band: Godyva
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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55

Tornano i Godyva, band barese capitanata da Lady Godyva, singer e mastermind del gruppo, dopo l’esordio discografico con il precedente “In Good and Evil”. Lo fanno con questo nuovo “Planetarium”, che, a neanche due anni dal predecessore, promette di esserne la degna continuazione.

 

“In Good and Evil” non aveva fatto gridare al miracolo. Le capacità vocali della singer, per altro a tratti notevoli, catalizzavano tutta l’attenzione non solo dell’ascoltatore, ma anche dei musicisti lasciando poco spazio per la musica vera e propria. Le canzoni sembravano scritte al solo scopo di far esprimere la cantante al meglio delle sue possibilità, togliendo quindi mordente ai brani e stancando piuttosto in fretta.

Con questo secondo disco, ancora prodotto dall’americana Razar Ice Records, i Godyva sembran aver in parte imparato dai propri errori proponendo song più strutturate e in cui l’apporto strumentale risulta essere più incisivo e con una maggiore importanza in sede di songwriting.

Il cd si apre con una intro d’archi, dal titolo incomprensibile e impronunciabile, il cui suono sembra altalenante, come registrato su un vecchio nastro un po’ rovinato. Subito dopo tocca a “The Ark”, prima vera song del lotto. Come si diceva inizialmente il brano è più aggressivo che in precedenza, il lavoro fatto con i suoni di chitarre e batteria ha dato maggiore spessore alle tracce che ora sembran più piene e potenti.

La seconda “Innocent” riprende alcuni degli effetti elettronici che avevano contraddistinto l’apertura del precedente cd. Anche in questo caso si tratta di una contaminazione estemporanea, ben presto ne prendon il posto un pezzo di pianoforte e poi vengon in parte sommersi da chitarre, basso e batteria. Tocca poi anche alla voce maschile in growl fare la sua comparsa e duettare con Lady Godyva nella parte centrale della canzone. Nulla di nuovo sotto il sole, ma il risultato non è da scartare e dona un qualcosa in più al brano.

“Mary in Blood” risente un po’ del male del disco precedente. Punta infatti quasi tutto sull’interpretazione della singer Lady Godyva. Lo fa però in maniera più elegante rispetto al recente passato e i vari stili adottati dalla vocalist donano qualcosa in più a questa traccia che quindi risulta un buon brano senza tuttavia risultare qualcosa di imprescindibile.

Già dalla successiva “Deep Inside” però cominciamo a sentir tirare un po’ troppo la corda. Le composizioni cominciano a ripresentare soluzioni già presenti nelle precedenti 4 canzoni e le strutture delle song tendono a ripetersi. Sempre orecchiabili, indubbiamente ben scritte, ma a volte la sensazione è di riascoltare la stessa canzone coniugata in maniera leggermente diversa.

 

Il secondo capitolo dei Godyva aggiusta il tiro rispetto all’esordio “In Good and Evil”, ma rimane ancora piuttosto, forse troppo, legato agli stilemi dettati ormai tempo fa da altri gruppi. Anche la tendenza, fin troppo evidente nel primo cd, di puntare tutto solo sulla voce, torna purtroppo a farsi sentire qui e là lungo la tracklist, e non sempre nel migliore dei modi. Necessariamente questa band bisogna che si decida a osare qualcosa di più se vuole conquistarsi un posto al sole.

 

Tracklist:

01 .W.A.I.H.T.L.I.H (intro)

02 The Ark

03 Innocent

04 Mary in Blood

05 Deep Inside

06 Planetarium

07 My Inner

08 Black Door

09 On the Floor of Ice

10 No Fault

11 God is Fallen

12 H.I.L.T.H.I.A.W. (outro)

13 Innocent – Acoustic Version – (bonus track)

 

Alex “Engash-Krul” Calvi

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