Recensione: Play To Win
Qualche rara volta capita davvero di ascoltare una di quelle band che danno un senso al concetto stesso di Musica. Ok, è una di quelle carte che non ci si dovrebbe giocare così a caso, ma ho la netta impressione che tra me e gli Striker ci sia stato amore a prima vista. Sarà perché siamo dinanzi ad una band dal sound onesto e allo stesso tempo foriero di celati déjà-vu, nel richiamare alla mente sonorità amate a profusione, senza per questo apparire totalmente derivativo, bensì credibile sotto ogni aspetto. Questo perché gli Striker suonano in maniera convinta e inusuale un metal classico, ma fresco, potente e di godibilità immediata, sciorinando dieci tracce che si muovono a metà tra tradizione e innovazione. Sound che si alterna passando dal più diretto, e al limite del thrash, nei taglienti riff di chitarra, che ricordano quelli dei ‘vecchi’ Metallica, ma anche più irriverenti, diretti e stradaioli. Riescono così a ricreare atmosfere ottantiane Made in America tanto care a Dokken, Ratt e Skid Row (la title track è un perfetto esempio di quanto ho appena detto), tenendo ben bilanciato il canale radio che comunica tra i due oceani!
Da parte degli Striker c’è anche e sopratutto un’attenzione particolare verso la melodia che è propria di un certo rock di matrice inglese (post) NWOBHM più commerciale, se vogliamo, e che richiama un capolavoro noto ai più come Pyromania, sia come concezione delle strutture armoniche sia nei bellissimi cori sempre presenti.
Le dieci canzoni presenti meriterebbero tutte una menzione particolare, ma mi sembra doveroso citare la tripletta iniziale: Heart of Lies, Position Of Power e Head First (il picco qualitativo più alto dell’intero lavoro per lo scrivente), mentre la ballad Standing Alone incanta per profonde armonie malinconiche e la tanta passione che trasuda. Le influenze Priestiane del combo canadese sono decisamente evidenti nella roboante Summoner, cui fa seguito un cantato scoppiettante e preciso, pur senza eccessivi fronzoli. Riffoni ‘grossi’, accompagnati dal drumming schiacciasassi – in pieno stile Scott Travis – di Adam Brown, altro protagonista indiscusso di questo album.
Penso sia impossibile che qualcuno rimanga deluso da questo disco, Play To Win mantiene l’ispirazione del metal vecchia scuola stando al passo con l’evoluzione che questo genere ha subìto nel corso del tempo con un tocco personale più che azzeccato. Seriamente, penso che qui stiamo parlando di una band tra le migliori degli ultimi anni, una band assai convinta dei mezzi a sua disposizione e che potrebbe presto meritare l’etichetta di “Big”, visto l’enorme potenziale già scorto in precedenza con Stand in the Fire e nell’omonimo del 2016 entrambi per scelta auto-gestiti senza supporto di nessuna etichetta discografica. Il cantante Dan Cleary e i chitarristi Tim Brownn/Chrish Sagger sono indiscutibilmente in grande armonia, senza nulla togliere al bassista ed al batterista. Di qui a breve è lecito pensare che quando i ‘mostri sacri’ prenderanno congedo dalla scena (e dal nostro portafoglio), gli Striker potranno essere considerati tra i più degni successori nel continuare a far vivere il nostro genere preferito al top del suo splendore. Play To Win è un grandioso omaggio a tutto il metal classico anni ’80, da parte di una band in grandissima forma! La voglia di successo, la genuinità, l’istintività della loro musica, unitamente anche ad un pizzico di voglia di strafare, fa di questo disco uno dei bellissimi del 2018! Avanti così ragazzi….