Recensione: Point of View
Ci hanno messo un bel po’ gli Sticky Fingers Ltd. per dare un seguito al debutto uscito circa quattro anni fa. Un lasso di tempo piuttosto ampio per una band che si segnala, oltretutto, per una data di fondazione sperduta in epoche remote, da riferire addirittura all’ormai lontanissimo 1996 per mano del chitarrista e cantante Lorenzo Mocali.
Rimane invariato il taglio stilistico in dote al quartetto modenese (di Vignola, per l’esattezza), costruito sempre attorno a sapori vintage che ricercano numerosi punti di contatto con gli anni settanta. Quelli del southern, del blues, del rock classico e della psichedelia.
Un menù tutto sommato interessante che conferma le impressioni ricavate dal cd datato 2014: la coerenza di fondo che marca il territorio con schietta spontaneità, si rivela però meno immediata di quanto percepito nell’album precedente.
Insospettabilmente elaborato e ricco di sfumature, “Point of View” presenta linee melodiche che mantengono intatto l’alone bluesy sebbene, questa volta, si facciano largo evidenti richiami ad una sorta di psichedelia sudista che sgorga dai tradizionali suoni seventies per assumere, di quando in quando, riflessi lievemente più stoner, sconfinanti in certo grunge accostabile a Stone Temple Pilots e Soundgarden.
Manifesto insomma, un arricchimento di tematiche e sfumature che dapprima disorienta ed in seguito lascia sorpresi in modo tutto sommato piacevole.
Un percorso breve di una decina di canzoni in cui intravedere un’evoluzione che sembra in parte aver riparato alcune dozzinali ingenuità riscontrate nel primo capitolo.
Manca tuttavia, ancora qualcosa in termini di puro e semplice songwriting: i brani mostrano spesso buonissime idee ma non al punto da potersi segnalare come davvero vincenti ed in grado di emergere concretamente.
Drastico inoltre, lo spartiacque qualitativo che separa la prima parte del disco dalla seconda. Buonissimi pezzi nelle battute iniziali – culminanti con la gradevolissima semi ballata “Shine” – seguiti da un nucleo conclusivo di canzoni in cui si fa largo qualche sbadiglio di troppo, tra ritornelli un po’ stiracchiati e armonie che non riescono a segnalarsi come particolarmente memorabili. “Underdog” e “I’ll Go Alone” sono, ad esempio, meri riempitivi che non aggiungono granché ad una proposta che per affermarsi con un ipotetico e futuribile terzo step discografico dovrà probabilmente crescere ancora un po’.
Ci sono personalità e spunti notevoli; la scelta, inoltre, di affiliarsi ad un periodo musicalmente stimolante come quello dei seventies è senz’altro apprezzabile.
Ciò nonostante, il complesso di quanto prodotto in “Point of View” non permette nemmeno questa volta agli Sticky Fingers Ltd. di affermarsi senza riserve, rimandando ancora “a posteriori” un definitivo quanto auspicabile salto di qualità.