Recensione: Polarity
Quando la classe e il talento sono qualità che permeano le menti degli artisti, ineluttabilmente, ciò che essi generano durante lo svolgimento dell’attività creativa sarà sempre degno di menzione. Nel campo del death metal, gli statunitensi Decrepit Birth – con principale riguardo al nucleo centrale entro cui ruotano le particelle elementari Bill Robinson, Dan Eggers e Matt Sotelo – rientrano in questa nobile e ristretta cerchia di musicisti.
Il death metal è un genere i cui stilemi di base sono stati definiti con chiarezza da almeno vent’anni. È quindi un’impresa ardua scrivere qualcosa che – mantenendo ben fermi tali capisaldi stilistici – emerga con forza dalla marea di proposte simili se non uguali. Oggi, a parer mio, si contano sulla punta delle dita delle mani le band che sono riuscite in quest’impresa. Più limitatamente si riducono all’osso, numericamente, i fuoriclasse che sono stati capaci, anche, di rimanere il più possibile agganciati alle seminali radici primigenie. Tra di essi citerei i Nile, gli Immolation, i Behemoth, i Whitechapel e, infine, i Decrepit Birth, appunto.
“Polarity” è il loro terzo full-length, tradizionalmente indicante il grado di maturazione e le reali possibilità di un insieme, cioè se questi è uno dei tanti, oppure uno dei pochi. Tale fatto, se vero, catapulta i Nostri nell’Olimpo degli Dei. L’album, infatti, è clamorosamente adulto, nel senso che si può scegliere a caso un suo qualsiasi spicchio per trovarsi di fronte sempre e soltanto alla stessa materia. Terribilmente consistente e invariabile, nonché perfettamente definita. Nonostante l’assoluta personalità del sound e la ferrea coerenza stilistica dello stesso, il combo di Santa Cruz sciorina una dietro l’altra undici canzoni ciascuna, a sua volta, dotata di un’autonoma identità. Forgiare il proprio marchio di fabbrica e contrassegnare, con esso, tutte le singole composizioni è un’azione cui riescono solo coloro che miscelano un’ineccepibile capacità tecnica a un’indubbia peculiarità compositiva. Quando si fondono così bene arte e tecnica, non può che uscir fuori (in ogni ambito), se non un capolavoro, un quasi-capolavoro. Per venir subito al sodo, “Polarity” farebbe parte di una di queste due fattispecie se fosse stato «il primo». Così non è, tuttavia la qualità complessiva del lavoro è talmente alta da regalare al disco una visibilità, credo, assoluta.
Non ci vuole molto per rendersene conto: l’opener “(A Departure Of The Sun) Ignite The Tesla Coil” è un magnifico esempio di death metal venato da technical, brutal e old style. A parte gli impressionanti, per varietà, pattern di batteria, la costruzione della canzone è allo stesso tempo complessa e semplice. Complessa perché tutte le parti strumentali esigono tecnica sopraffina nell’incessante impegno costruttivo della complicata matrice musicale; semplice perché la gigantesca diga foranea elevata accordo dopo accordo è perfettamente interpretabile e comprensibile anche a chi, magari, non è un patito del genere. Non solo. Quando il terzetto/quintetto (cfr. split del batterista K.C. Howard e del chitarrista Dan Eggers) decide di inserire segmenti meno dissonanti quindi più melodici, non sbaglia mai un colpo: l’incipit della già citata “(A Departure Of The Sun) Ignite The Tesla Coil”, “The Resonance” e “A Brief Odyssey In Time” son lì a dimostrarlo. Eppoi, quando decidono di inerpicarsi su pareti ove la tecnica deborda (“Polarity”), questa non affoga mai il brano ma anzi lo accompagna a possedere la «facilità» prima indicata. Infine, la linearità armonica: seppure la natura del CD sia caleidoscopica, “Symbiosis”, “Metatron” e “The Quickening Of Time” scivolano via alla velocità del suono. Perfette per devastare i pit più infernali del globo terracqueo.
Il guitarwork di estensione illimitata (sia per quanto riguarda le ritmiche, sia per ciò che concerne i soli), il growling senza pecche, le linee di basso – sempre indipendenti dal riffing delle due asce – , gli arricchimenti di tastiere (“Sea Of Memories”, strumentale dal drumming agghiacciante per precisione e fantasia), fanno sì, oltre a tutto quanto di buono sopra descritto, che “Polarity” abbia una longevità inversamente proporzionale alla durata, inferiore a quaranta minuti.
Poche ciance: non perdetevelo per nessuna ragione al mondo.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. (A Departure Of The Sun) Ignite The Tesla Coil 6:34
2. Metatron 4:14
3. The Resonance 3:45
4. Polarity 4:27
5. Solar Impulse 2:55
6. Mirroring Dimensions 3:37
7. A Brief Odyssey In Time 1:03
8. The Quickening Of Time 2:43
9. Sea Of Memories 2:23
10. Symbiosis 4:25
11. Darkness Embrace 2:28
Line-up:
Bill Robinson – Vocals
Dan Eggers – Guitars
Matt Sotelo – Bass
Touring:
Chase Fraser – Guitars
Sam “Samus” Paulicelli – Drums