Recensione: Popol Vuh
“Popol Vuh” è il full-length di esordio dei death metaller portoghesi Sotz’ ed arriva a tre anni di distanza dall’EP d’esordio del 2017, “Tzak’ Sotz’“. Il quintetto di Oporto ci sa fare, davvero. “Popol Vuh” propone dieci pezzi di puro death metal tecnico e pregno di groove supportato da un cantato ad opera di Dan Vesca davvero feroce e pieno di espressività. Il tutto richiama alla memoria il death metal melodico di fine anni Novanta, ma sarebbe riduttivo confinare la proposta dei Sotz’ al rimando di un genere il cui splendore ormai è spento da tempo. La band portoghese riesce a creare qualcosa di molto personale, grazie sopratutto alle abilità tecniche dei musicisti in gioco. I brani hanno phatos, sono coinvolgenti, a tratti tragici e sicuramente la marcia in più la conferisce la teatralità di un cantato in costante evoluzione e adattamento, una chicca nell’attuale panorama di cantanti, troppo spesso caratterizzato da un urlato piatto e privo di ogni passione vocale. I limiti stanno nel missaggio e nella pulizia dei suoni. Una maggior ricerca a livello sonoro (la batteria è piatta), al fine di rendere più aperto il suono in generale, avrebbe garantito al disco una magnificenza esclusiva che lo avrebbe portato a competere ad un altro livello, questo è sicuro. Infine, è da citare i testi, tutti incentrati sul Popol Vuh, il leggendario libro raccolta di miti e leggende delle etnie del Quiché, uno dei regni Maya del Guatemala. Spettacolare! Non vedo l’ora di sentire il loro prossimo capitolo discografico.