Recensione: Post Ecstatic Experience

Di Daniele D'Adamo - 21 Maggio 2016 - 17:30
Post Ecstatic Experience
Band: Lifestream
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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78

A distanza di ventidue anni dal leggendario “In the Nightside Eclipse” degli ancor più leggendari Emperor, c’è ancora chi è in grado di dire la sua, in ambito symphonic black metal. Per esempio, i francesi Lifestream, altro cavallo di razza dell’incredibile binomio discografico Emanations / Les Acteurs De L’Ombre Productions.

Al momento i transalpini, nati a Bordeaux nel 2012, hanno pubblicato solo il debut-album, “Post Ecstatic Experience”, appunto, datato oramai aprile 2015. Circostanza che dimostra ulteriormente la grande qualità del roster delle due label consorelle ma, soprattutto, l’eccezionale momento di forma del metal estremo di provenienza tricolore, specificamente lato black metal / post-black.

Ciò poiché “Post Ecstatic Experience” è ben lungi da mostrare le caratteristiche peculiari tipiche di un’Opera Prima. Al contrario, pare l’ennesimo full-length di una band dotata di grande esperienza e dal solido retroterra culturale. Non c’è nessuna traccia, infatti, nella sequenza dei brani del disco, di qualcosa che lasci pensare nemmeno per un attimo al sostantivo esordio.

Lo stile, anzitutto. Probabilmente non originalissimo, ma comunque – oltreché perfettamente formato, adulto e maturo – contenente in sé le innovative armonie del citato post-black, specificamente in alcuni passaggi ove emerge il lato estatico dei Nostri. Quello che rimanda alle mirabili ed eteree melodie dell’eerie emotional music. Sono solo assaggi, attimi, istanti, però: i Lifestream amano la follia scardinatrice dei blast-beats, e lo danno a vedere ovunque (Beyond the Seventh Heaven’), anche in occasioni delle poderose, rabbiose orchestrazioni che inzuppano qua e là tutto il platter.

Come nella fulminante ‘Sad Thoughts Overdose’. Suite strumentale dall’incipit rallentato, ma solo per poco. Giusto per operare il corretto contrasto con la furia degli elementi, la quale si concretizza in una maestosa melodia, dai toni addirittura epici, mitici, eroici. Struggenti Eroi che immolano la propria vita nel tentativo di resistere alla vita medesima, arcigna, matrigna, cattiva e feroce verso gli umani sentimenti. Struggenti Eroi che affrontano il proprio destino abbandonandosi alla misantropia, alla zona del crepuscolo; facendosi trafiggere dai raggi del sole morente. Immagini, sensazioni, suoni caratteristici del post-black, per l’appunto, ma trasposte in una musica più violenta, potente, rocciosa. Colossale, ieratica.

Come nella possente, stentorea, aggressiva ‘Two Faces’, altra suite per viaggiare con la mente attraverso universi sconosciuti, stavolta accompagnati dalla roca ugola di Nessim, fautore di un’interpretazione assai efficace, ficcante, dall’alto del suo semi-screaming. Lo stesso Nessim cuce scenari d’allucinazione, con la sua chitarra, alzando il livello della pressione sonora oltre i limiti della sopportazione timpanica. Non perdendo mai né lucidità, né chiarezza, né forza di penetrazione. Come del resto John, sempre preciso e profondo, anche quando i BPM si elevano oltre le montagne della follia, Beyond the Seventh Heaven’.

Sebbene siano passati tredici mesi, dall’uscita di “Post Ecstatic Experience”, i Lifestream si possono dipingere come novità, fra gli epigoni di Vegard Sverre Tveitan “Ihshan”. In un genere che, come si è accennato all’inizio, pareva aver già regalato ai fan il meglio di sé.

Pareva.

Daniele D’Adamo

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