Recensione: Power Crazy
Inutile perdere tempo almanaccando superflue ed arzigogolate definizioni utili nel descrivere il nuovo album dei The Treatment. Ascoltando uno qualsiasi dei tre dischi prodotti in precedenza dal quintetto britannico, l’idea evidentemente calzante, è quella di una continuità e coerenza stilistica parecchio consolidata.
Diremmo quasi “cementata”.
I The Treatment potrebbero, infatti, essere inseriti a pieno titolo in un ipotetico club dedicato ai gruppi cosiddetti “d’abitudine”.
Quelli che, nel corso della propria carriera, tendono a mantenere le coordinate e le caratteristiche del proprio suono immutate ed invariabili. Costanti. Fisse. Quasi rassicuranti nel conservarsi al riparo da eventuali sorprese ed innovazioni potenzialmente indigeste.
Gruppi simili ne abbiamo conosciuti tanti nell’arco del tempo, sebbene, uno solo sia davvero vicino al ruolo di totem perfetto ed esemplificativo dell’immobilità assurta a grandezza artistica. Parliamo ovviamente, degli Ac/Dc, leggenda alla quale, più di ogni altra, molti dei nuovi eroi dell’hard rock “classico” guardano con rispetto per trarre ispirazioni e suggerimenti.
Una cerchia di band divenute di discreto successo di cui i The Treatment fanno orgogliosamente parte, condividendo insieme ai vari Airbourne, Buckcherry, The Answer e Steel Panther il compito di perpetuare una tradizione che fa del rock diretto, lineare e senza fronzoli una ragione d’essere fondante ed irrinunciabile.
Va da sé insomma, che anche per questo quarto capitolo – secondo per Frontiers Music – il gruppo guidato dal chitarrista Tagore Grey (ora supportato anche dal fratello Tao) non cerchi strade alternative ne particolari evoluzioni, mantenendo inalterata una formula che, per quanto derivativa ai massimi livelli e ben lungi dal potersi definire “originale”, non ha mai mancato di recare qualche buon risultato.
Unica cosa che cambia è la voce del singer Tom Rampton, subentrato in luogo del dimissionario Mitchell Emms: un cambiamento che, ove possibile, amplifica ancora maggiormente la vicinanza dei The Treatment con i padrini Ac/Dc, in virtù di una impostazione vocale che molto spesso ricorda quella del compianto Bon Scott. Una scelta, con ogni probabilità, ponderata consapevolmente.
Poche sorprese, discreta sostanza. Un canovaccio già scritto.
Brani quali “Let’s Get Dirty”, “On The Money”, “Bite Back”, “King of the City” e “Laying it Down” dicono tutto dopo le prime quattro o cinque note, tuttavia lo fanno – quanto meno – con estrema naturalezza e vitalità, conferendo la consueta dose d’energia che, alla resa dei conti, non manca mai d’offrire quella gratificante sensazione genuina e corroborante tipica dell’hard rock schietto e verace. Seppur prevedibile come una battuta di un comico anni ottanta.
Aiuta – parecchio – una scelta dei suoni mirata, limpida e dall’impatto piuttosto “live”, proprio come i dettami della tradizione impongono.
Ci sono, insomma, pochissimi dettagli da aggiungere. Come detto in apertura, non vale la pena di perdersi in tante inutili parole alla ricerca di definizioni per qualcosa che si presenta come estremamente semplice, coerente e fedele a se stesso. Talora, purtroppo, anche un po’ scontato.
I The Treatment suonano “solo” hard rock. Quello classico, tradizionale, facile, basato su voce, chitarre, basso e batteria e, proprio come è stato nei tre dischi precedenti, anche con “Power Crazy” non inventano, assolutamente, alcunché di nuovo.
Tutto sommato però lo sanno fare piuttosto bene, come dimostra la loro onorevole carriera iniziata nel 2008.
E presumibilmente, continueranno a farlo con discreto successo ancora per un po’ negli anni a venire.