Recensione: Prequel to Madness
L’etichetta greca No Remorse in questo periodo è in stato di grazia. Dopo aver pubblicato le fucilate heavy metal degli americani Show N Tell di The Ritual Has Begun e quelle di Night Stealer degli spagnoli Savaged è ora la volta di un altro album dalle purissime stimmate HM: Prequel To Madness dei canadesi Traveler.
Attivi dal 2017 e dopo l’uscita di un demo l’anno successivo nel 2019 pubblicano l’esordio omonimo che riscuote il meritato successo fra le frange dei defender. È del 2020 Termination Shock, il loro secondo vagito ufficiale, che non delude le attese e permette alla band di suonare spesso dal vivo fra Canada, Stati Uniti ed Europa.
Prequel To Madness, Cd dalla copertina rivedibile – eufemismo – a opera di Dylan Barstad incarna la loro terza pubblicazione e si accompagna a un libretto di sedici pagine con tutti i testi e una foto d’insieme dei Traveler nelle due centrali. Sul finale, oltre alle note tecniche di rito, una compilation di scatti in bianco e nero ritraenti la band in tour, fra pose live, backstage e paesaggi vari on the road.
Formazione piuttosto frizzante, quella dei Traveler, che non si è fatta mancare qualche avvicendamento di troppo nella line-up, negli anni. Al momento questi sono i nomi dei cinque crazy canucks coinvolti nel progetto: Matt Ries (chitarra) e Jean-Pierre Abboud (voce), gli unici superstiti del nucleo originario, seguiti da Toryin Schadlich (chitarra), Jake Wendt (basso) e Nolan Benedetti (batteria).
Quello che caratterizza più di altro l’assalto sonoro del complesso di Calgary è l’eterno duello, per nulla mascherato, delle due asce di Ries e Schadlich, particolarità che garantisce una potenza devastante lungo i quasi quaranta minuti di musica proposti dentro Prequel To Madness. Così come altri gruppi di recente formazione dediti alla riscoperta in chiave moderna – prevalentemente nei suoni, non nella sostanza – del Metallo anni Ottanta, le influenze dei mammasantissima del genere si sprecano. Senza dubbio gli Iron Maiden hanno fatto parte del percorso di Abboud, Ries & Co. dal momento che “Take The Wheel” – preceduta dall’intro “Mayday”- suona come molto probabilmente suonerebbe oggi un pezzo tratto da Killers se per magia dovesse venir pubblicato per la prima volta nel 2024 con alla voce, però, rispetto all’originale, già una sirena come Dickinson. Esercizio nel quale Jean-Pierre Abboud riesce piuttosto bene, cosa per nulla semplice. Che Prequel To Madness sia album particolarmente fragoroso viene testimoniato dalle successive “Dark Skull”, dal riffone portante sentito milioni di volte ma sempre micidiale e “The Law”, ulteriore gragnuola d’acciaio.
“Rebels of Heart” risulta debitrice degli Hammerfall ed è seguita dall’inno “Heavy Earth”, figlio degli Accept di Russian Roulette. Fra le numerosissime influenze dei canadesi fanno capolino anche gli Stratovarius – “No Fate” – e sul finale viene sparata l’accoppiata “Vagrants of Time”/”Prequel to Madness”, ennesima dichiarazione di fedeltà alla siderurgia.
Dentro Prequel to Madness i Traveler tirano privi di redenzione di sorta dall’inizio alla fine senza mollare nemmeno di un millimetro, forti di un frontman di rilievo quale Abboud, consegnando a questo 2024 un album che farà parlare di sé per molto tempo ancora nell’ambito di tutti gli aficionados dell’HM tradizionale e tradizionalista. Ai canadesi per ora manca la magia che solo i grandissimi sanno esprimere ma il futuro è senza dubbio dalla loro parte, basta attendere.
Stefano “Steven Rich” Ricetti