Recensione: Presages

Di Emanuele Calderone - 17 Dicembre 2011 - 0:00
Presages
Band: Khrophus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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67

Old-school. Talmente old-school da risultare, per certi versi, quasi anacronistico. Si potrebbe riassumere così il secondo disco firmato dai brasiliani Khrophus che, con “Presages”, tornano a farsi sentire dopo un anno di silenzio dal precedente EP del 2008.

La misconosciuta band di San José è attiva dall’ormai lontano 1993 ed è dedita al più classico brutal/death di matrice americana. Pensate di trovarvi davanti un lavoro che suoni un po’ come una jam-session tra il brutal tecnico dei Cryptopsy di “Blasphemy Made Flesh”, i migliori Deeds of Flesh, il death pirotecnico dei vecchi Pestilence e i cannibali più famosi d’America, quei Cannibal Corpse che tra il 1990 e il 1999 misero a soqquadro l’intero pianeta: ecco, questo è “Presages” in poche righe.
Già mi immagino il brutallaro medio fare salti di gioia per quanto appena scritto, ma fermiamoci un attimo a riflettere: “Presages” è infatti uno di quei dischi sì gradevoli, violenti e che ti si marchiano a fuoco nella mente già dopo un primo ascolto, ma è anche un lavoro molto derivativo, fin troppo.

I primi ascolti sono di quelli che esaltano: Adriano Ribeiro, chitarrista dotato di buona tecnica, con la sua sei corde macina riff a non finire, innalzando un muro sonoro potentissimo. Il cantante e bassista Alex Pazetto e il batterista Carlos Fernandes non rimangono certo a guardare. Il primo si dimostra a suo agio sia al quattro corde che al microfono; il secondo scandisce i tempi con una precisione chirurgica, destreggiandosi tra continui blast beat e sfuriate di doppia cassa, pur dimostrando poca fantasia nella scelta delle ritmiche.
Più si va avanti con gli ascolti però e più ci si accorge che tutto suona dannatamente standard,  magari divertente e aggressivo, ma pur sempre prevedibile.
Ecco che, premendo il tasto play, ci si ritrova letteralmente travolti dalla brutalità manieristica di canzoni come “Symbols or Not?”, “Of the Elders” o ancora “Returning to Apollo…Resurrecting From the Darkness”, tutti pezzi d’assalto, che esprimono cattiveria da ogni nota, ma che sembrano belli senz’anima.
Fortunatamente non mancano le tracce più riuscite e d’effetto. Su tutte, quelle che maggiormente convince è “Slaves of Hunger”, un meraviglioso macigno a cui non manca nulla: ci sono stacchi melodici di gran pregio, strutture complesse, continui cambi ritmici e tanta, tanta brutalità. Al fianco di questa trovano posto l’introduttiva “Dominated”, uno degli episodi più appetitosi, e la bella “Fisher of Souls”, nella quale spicca Pazetto, autore di una prova vocale assai convincente.

Volgendo l’orecchio agli aspetti più tecnici, “Presages”, prodotto dalla stessa band e mixato da Alexei Leão, gode di ottimi suoni. Questi ultimi contribuiscono a sottolineare l’anima estrema della musica del combo. È proprio grazie al buon lavoro di produzione che i ragazzi riescono a mettere in mostra le loro ottime abilità strumentali.
Molto classica invece la copertina che, come tradizione brutal vuole, raffigura un teschio su uno sfondo scuro, sul quale giganteggia il nome dei Nostri.

Eccoci giunti dunque alle conclusioni. I Khrophus con “Presages” confezionano un prodotto sicuramente gradevole, che farà felici i die-hard fan del brutal vecchio stile, ma che al contempo lascerà un po’ di amaro in bocca a chi ama sperimentazione e idee originali.
Tra luci e ombre quest’opera raggiunge comunque un livello di sufficienza, garantito da qualche ottima idea e dalla già citata perizia tecnica sfoderata dai ragazzi.
Augurandoci che già con la prossima uscita la band possa definitivamente aggiustare il tiro, per ora non ci rimane che promuoverli, pur se con qualche riserva.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Dominated
02- Symbols or Not?
03- Of the Elders
04- Statues
05- Returning to Apollo…Resurrecting from the Darkness
06- Fisher of Souls
07- Slaves of Hunger
08- Spirits

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