Recensione: Prigioniero del Passato
Gli Sgrigua sono una band nata a Genova nel 2012 dall’incontro di quattro musicisti provenienti da diverse esperienze, i quali decidono di accomunare i loro percorsi per dare vita a un nuovo progetto, suonando insieme e lavorando sul materiale già pronto.
Nel settembre del 2013 il quartetto dà finalmente alla luce questo “Prigioniero del passato”, che ci accingiamo ad ascoltare.
L’intro diffonde malinconiche note di pianoforte che preludono alla prima traccia “Ridammi La Mia Vita”, dall’inizio piuttosto sparato in stile Hard/Metal, con un connubio basso/batteria in evidenza e cambi di ritmo continui. La voce è grintosa ma la timbrica è pulita. Il ritornello, vivace e spedito, è assecondato dalla chitarra che, successivamente, prorompe in un assolo di spiccata personalità. Il testo, sofferto e introspettivo, propone contenuti nei quali ci si può riconoscere.
“Senza Meta” si presenta con stacchi indovinati e una base ritmica possente; la canzone risulta costruita secondo i canoni architettonici dell’Hard Rock, così come il guitar solo. Il refrain è orecchiabile e il testo intrigante: “Viaggio senza meta in queste scure vie, passo dopo passo io mi sento perdere in me”.
Con “Persi e Dispersi” abbiamo un’accelerata di ritmo, cori che spiccano facendo da contrappunto al ritornello, il tutto sorretto da un gran lavoro di basso e batteria.
“Il veleno piu’ Sano” si apre con un riff introduttivo robusto, familiare, di chiara matrice Hard Rock anni ’80, e in seguito la song si disimpegna con un testo pregnante e intriso di disillusione, di quelli che restano in mente; l’assolo di chitarra, conforme ai modelli “eighties”, si distingue per le sue impennate lancinanti.
“Assi Donne e Re” si distingue per un motivo assai orecchiabile, un timing spedito e un intreccio chitarristico piuttosto vivace. La struttura si regge su un ottimo tracciato di basso, mentre il ritornello risulta di immediato impatto, grazie anche a una notevole performance vocale.
“Un altro giro in più” ha un inizio pacato, dominato dal basso e successivamente ispessito dagli altri strumenti, che disegnano l’impalcatura del brano, fino al momento del ritornello, dalle linee armoniche accattivanti e sostenuto da una chitarra con un suono piacevolmente vintage.
Un delizioso arpeggio di chitarra con un soffio di vento sullo sfondo, una voce delicata e una magica atmosfera sono gli elementi introduttivi di “Volare nel buio”, dal testo poetico adeguatamente assecondato dai cori. La parte centrale si fa più corposa, fino ad assumere i connotati della rock ballad, in un crescendo interessante soprattutto per merito di una chitarra più potente, specie nell’assolo, caratterizzato da una timbrica indovinata. La toccante chiusura, in cui ricompare l’arpeggio, bagnato da gocce di pioggia che preludono all’arrivo di un temporale, ne fa l’episodio migliore di tutto il disco.
“Dietro la Maschera” inizia a manetta, con una voce acuta che fa da contrappunto a stacchi rabbiosi e tirati di una base ritmica incalzante.
“Ora o mai” è un altro pezzo arrabbiato e deciso, come si evince da alcuni passaggi: “e spegnendo la tv forse ti lamenterai, è il momento di muoversi, ora o mai, riprendiamoci il futuro”. Tra stacchi possenti e schitarrate massicce, questa canzone si evidenzia per una buona interpretazione vocale e per una certa versatilità di contenuti.
Con “Star” abbiamo riff robusti e ritmiche elevate, sulle quali si muove agilmente un testo disincantato abbinato a un intenso lavoro di chitarra, incisivo e penetrante.
Nella Outro finale ritornano le note di pianoforte di sapore nostalgico, che sfumano in dissolvenza.
Il lavoro del quartetto genovese ha messo in mostra delle buone idee, un meritevole impegno in particolare nella stesura dei testi, una certa fedeltà a un genere musicale intramontabile e, soprattutto, un lodevole coraggio nel proporre questa sorta di “Hard Rock and Roll” in lingua italiana, scelta azzardata di questi tempi, ma senza dubbio coerente.
Vedremo nell’immediato futuro se la band sarà in grado di proporsi anche in ambito “live” e con quali riscontri.
L’album è stato mixato e masterizzato presso lo Zerodieci Studio di Roberto “Robbo” Vigo.
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