Recensione: Primal Future: 2019
I Toxic Holocaust sono il progetto solista del poliedrico musicista statunitense Joel Grind, in piedi ormai da vent’anni. Joel può essere considerato un coraggioso, tra quelli che negli anni ‘90 credevano ancora nel buon vecchio Thrash, quello feroce, intriso di Metal ed Hardcore, genere suonato all’origine dagli Exodus, Possesed ed i Metallica di ‘Kill ‘em All’ prima ancora che ne assumesse il nome, tanto è vero che, quando questo cominciò a girare, per molti non era chiaro il suo significato, pensando che fosse una storpiatura della parola ‘spazzatura’ (in inglese ‘trash’) mentre in realtà derivava dai verbi ‘battere’ e ‘percuotere’, sia per la violenza sonora che imprimeva con i suoi ritmi sia per lo scuotimento che dava con i suoi testi. Una manciata di giovani che sbatteva in faccia la cruda realtà delle ingiustizie sociali e delle paure dell’epoca, quali l’emarginazione, l’AIDS, la possibilità di una guerra nucleare, la lenta distruzione del pianeta, magari usando termini allegorici e metafore, ma senza girarci troppo intorno. Si, perché quello che oggi il mondo ascolta da Greta Thumberg veniva già affermato dai Thrashers degli anni ’80, solo che questi, anche se portavano i capelli lunghi e fluenti (oggi, per la maggior parte dei casi, sostituiti dalla barba) non avevano lo stesso bel faccino e portavano le magliette con il teschio o soggetti simili, pertanto i loro messaggi, magari esposti in un modo un po’ caustico, non trovavano riscontro od aiuto dai media.
Ma torniamo alla semplice musica!!! Il progetto Toxic Holocaust si scatenò nel 1999. Di lì a poco i vecchi gruppi Thrash degli anni ’80, quasi affossati per dieci anni dal grunge e dalle sonorità della successiva decade, sarebbero riemersi e ad essi si sarebbe affiancata una nuova generazione di giovani, quali gli stessi Toxic Holocaust, gli Havok, gli Evile ed i Municipal Waste, per citare qualche nome, ridando vita al movimento, tutt’ora florido ed inossidabile.
Il primo album, ‘Evil Never Dies’, del 2003, vide la luce dopo una gavetta di quattro anni, della quale rimangono una manciata di demo e di split. Tutto l’album, suonato e cantato da Joel Grind, è grezzo ma tosto: un buon Thrash che ricorda i primi Exodus (quelli dell’epoca del compianto Paul Baloff e di ‘Bonded By Blood’) con parecchi lampi Hardcore; un Crossover che non raggiunge i livelli di S.O.D. e simili ma valido ed incisivo.
Da lì il progetto prese forma in maniera sempre più concreta ed uscirono altri quattro album, di cui l’ultimo, ‘Chemistry of Consciousness‘, nel 2013.
Poi il silenzio discografico (a parte un paio di singoli) fino a quest’anno, che vede la pubblicazione di ‘Primal Future: 2019’, disponibile dal 4 ottobre 2019 attraverso la label Entertainment One (eOne).
Anche in questo caso Joel Grind in sala di registrazione fa tutto da solo, confermando, di fatto, che i Toxic Holocaust sono una one man band, tranne che in sede live, dove il musicista è affiancato da turnisti.
Sul piano musicale, invece, alza di brutto l’asticella proponendo un sound sempre radicato alle origini (si sente sempre l’influenza dei Venom, dei primi Metallica ecc.) ma con tessiture più variabili, con meno foga e più controllo. La vena Hardcore c’è sempre, ma è più controllata dalla tecnica Thrash. Altra differenza sostanziale è il minutaggio delle tracce, mediamente più lunghe rispetto ai lavori precedenti, avvicinandosi alcune ai cinque minuti e superandoli nel caso della splendida ‘Cybernetic War’, di cinque minuti e mezzo.
Per il resto Joel non ha inventato niente di nuovo, non ha dato spazio a sperimentazioni e non ha contemplato contaminazioni di sorta; ha scritto un album di buon Thrash dotato di un buon tiro, pieno di energia e di genuinità, facendolo uscire con impeto da una caverna infernale e farlo piombare in mezzo a noi.
Non ci sono filler o pezzi scadenti, per quanto l’album sappia di vecchia scuola non è nostalgico e neanche scontato. L’unico membro della band da prova di essere un buon maestro musicista e di saper impiegare la voce in modo idoneo ad aumentare il senso di cupezza e malvagità.
Tra i brani citiamo l’iniziane ed anthemica ‘Chemical Warlords’, che ha anticipato l’album come singolo, dinamica ed epica con i suoi chorus ed una parte del canto eseguito a più voci, trascina nel vortice dei Toxic Holocaust senza lasciare via d’uscita.
‘New World Beyond’ per quanto dura, è più controllata, con il refrain cadenzato, mentre ‘Deafened by the Roar’ è l’esatto contrario: breve, veloce e piena di Hardcore è il collegamento con gli album del passato.
Il brano che dà il titolo all’opera, ‘Primal Future’, è un tempo medio con strofe infernali ed un intermezzo accelerato e potente.
Il ritmo frenetico di ‘Iron Cage’ fa mandare un saluto ai Motorhead mentre la conclusiva, e già citata, ‘Cybernetic War’ è una cavalcata di puro Heavy Metal, che potrebbe essere stata scritta nel periodo della NWOBHM. Meglio di così l’album non poteva chiudersi, lasciando un punto interrogativo su come Joel Grind intenda proseguire il suo lavoro con il progetto Toxic Holocaust.
A parere dello scrivente ‘Primal Future: 2019’, per quanto sappia di passato e non contenga nulla di originale, è un buon passo in avanti per i Toxic Holocaust. Non ci resta che dire bravo a Joel, augurandogli di trovare i compagni di squadra giusti per portare il suo lavoro sui palchi. Il giudizio è più che positivo.