Recensione: Primordial Echoes for Modern Bigfoots

Di Marco Leoni - 6 Gennaio 2013 - 0:00
Primordial Echoes for Modern Bigfoots
Band: T.H.U.M.B.
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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63

Più Stoner di così si muore.
Suoni molto massicci,  riff lenti ed elaborati in perfetto stile Black Sabbath, con un basso che fa da trascinatore lungo tutto il percorso ed una batteria piena di piatti.
Una buona formula, tutto sommato, ma non sufficiente ad eguagliare i leggendari vecchi mostri sacri inglesi…i primi, forse, ad incalzare questo genere.

I T.H.U.M.B. (quelli italiani e non tedeschi) tornano così sul mercato con un nuovo album intitolato “semplicemente”: “Primordial Echoes for Modern Bigfoots”.
Il trio veneto, al solito, propone un’atmosfera sulfurea ed opprimente, purtroppo in certi frangenti piuttosto monotona e senza grandi colpi di scena, penalizzata da una pronuncia english che si propone a tratti come davvero poco efficace. Una grave carenza nel profilo di una band alla ricerca di un minimo di notorietà.
Per l’intera lunghezza del disco, si avvertono chitarre pesanti, acide e psichedeliche: elementi di buona sostanza, amministrati senza alcun effetto particolare se non qualche wa-wa negli assolo ed un basso con una distorsione (non fastidiosa) a manetta.
Meno convincente la batteria, che suona quasi staccata dal resto degli strumenti e le melodie, molto difficili da tenere in testa e mandare poi a memoria.

Dodici le tracce proposte. Saltato piè pari un esordio rappresentato dai primi tre brani, accettabili ma non oltre un onesto anonimato, il gruppo veneto rivela, finalmente, una buona dose di originalità compositiva con “Lived Namow”. Il pezzo si presenta sin da subito in modo colorito, con alcuni passi da cowboy che conducono direttamente all’interno di un immaginario saloon in cui spadroneggiano sonorità country-blues. Un episodio in realtà molto breve che, forse, sarebbe stato meglio utilizzare come intro.
Dopo la discreta “Wear it out” (una cover), si riparte con un ritmo leggermente più accelerato ed allegro, utile ad interrompere finalmente l’umore cupo e le atmosfere sin troppo plumbee create in precedenza. Alcuni suoni quasi “space”, infatti, accompagnano il bellissimo riff di “Into the deepest green”, traccia seguita dall’ennesimo capitolo di discreto fascino che trascina nuovamente nel mood tipico del vecchio Rock’n Roll-Western.
“East Clintwood” sarebbe stata perfetta per il film “Dal tramonto all’alba”, nel pub in cui scoppia la rissa, tra fiumi di birra e ossa frantumate. Domanda: la cassa, in questa canzone, suona meglio o è semplice impressione personale?!

Ascoltando l’ultima parte del cd non si trova infine nulla di particolarmente diverso rispetto a quanto descritto sinora, se non per “Reaching the afterglow”, brano arricchito da una ultima parte strumentale eleborata.
Non grandissima originalità insomma, a vantaggio di una maggiore “sostanza”.

Un disco questo “Primordial Echoes for Modern Bigfoots”, che non avrà rappresentato una sorpresa per i fan della band: alcun cambiamento radicale nella composizione e poche variazioni ad una ricetta consolidata. Una coerenza stilistica senza dubbio encomiabile
Se tuttavia di Stoner di primo livello si vuole parlare, facendo il paragone con altri altisonanti nomi attivi nel genere va purtroppo sottolineato come questa nuova fatica del trio italico appaia destinata a non lasciare il segno o grandi memorie di se.
A fronte di alcuni pezzi interessanti, si denotano, infatti, una produzione non sempre all’altezza ed una scaletta troppo altalenante e disomogenea.
La batteria eccessivamente lontana da chitarra e basso e soprattutto (fondamentale) la pronuncia inglese deficitaria, delineano infine i contorni di un prodotto di nicchia, poco competitivo se rapportato con più ampi e diffusi ambiti internazionali e riservato a pochissimi e selezionati affezionati ascoltatori del genere.

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Tracklist:

1. Bigfoot
2. Monstergods
3. Inconsistence
4. Lived Namow
5. Superlover
6. Wear It Out
7. Road Song
8. Into The Deepest Green
9. East Clintwood
10. Pietrosaurus
11. Reaching The Afterglow
12. Stonebridge Deluxe

Line Up:

Bokal – Voce / Basso / Synth
The Zmudah – Chitarre / Voce
Liz – Batteria / Percussioni
 

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