Recensione: Pro Xristou

Di Marco Donè - 22 Maggio 2024 - 6:00
Pro Xristou
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Black 
Anno: 2024
Nazione:
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70

Rotting Christ, Anno Domini 2024, diario di bordo: il viaggio dura ormai da trentasei anni, un’esplorazione continua, interminabile verso nuove espressioni artistiche, cariche di pathos e oscurità. Un percorso che ha portato la formazione di Atene a inventare, reinventare e rivoluzionare il proprio sound, ripetutamente. Una crescita perpetua, che ha reso il combo capitanato dai fratelli Tolis il riferimento, il nome più altisonante della scena black mediterranea.

Ci eravamo lasciati nel 2019, con “The Heretics”, un disco che avevamo definito di transizione, che sembrava nato per essere il collante tra i Rotting Christ del capolavoro “Rituals” e quelli del futuro. Un album che, pur non raggiungendo le vette a cui il gruppo greco ci ha abituato, risulta capace di regalare più di qualche soddisfazione. Ci ritroviamo nel 2024 con “Pro Xristou”, curiosi di scoprire dove i fratelli Tolis abbiano deciso di condurci, quale dimensione esplorare. Credo sia inutile nascondere che le aspettative siano elevatissime, così come l’adrenalina nel poter finalmente ascoltare un nuovo lavoro griffato Rotting Christ.

Come tradizione in casa Rotting Christ, per poter comprendere appieno “Pro Xristou” dobbiamo partire dal concept che sta alla base del disco. “Pro Xristou” – letteralmente Prima di Cristo – è un album fortemente legato alla storia greca e, in parallelo, alla filosofia black mediterranea. L’ultima fatica di Sakis e compagni è un autentico tributo agli ultimi re pagani, che resistettero all’avanzata del cristianesimo. Un percorso che, idealmente, collega l’Europa del Sud con quella del Nord, le due principali culture distrutte dall’ascesa della religione del Cristo. Un viaggio che da ‘The Apostate’, in cui viene approfondita la figura di Flavio Claudio Giuliano, ci conduce nelle lande del Nord, con ‘Yggdrasil’, fino a toccare la tradizione irlandese, e la figura di Amergin, con ‘Saoirse’. Un ipotetico sentiero in cui incontreremo solo ed esclusivamente civiltà, culture e pensatori distrutti dall’azione prevaricatrice attuata dal cristianesimo. Un racconto che viene ben raffigurato nella copertina di “Pro Xristou”, in cui troviamo l’opera “Distruzione” – dal ciclo “Il Corso dell’Impero” – del pittore Thomas Cole.

E dal punto di vista musicale? “Pro Xristou” rappresenta l’evoluzione prospettata da un disco di transizione come “The Heretics”? Beh, diciamo di sì, ma con riserva. Proviamo a spiegarci meglio: “Pro Xristou”, a tutti gli effetti, è un’evoluzione rispetto al recente passato della band, ma non è una vera e propria rivoluzione artistica. Non come avevamo immaginato, almeno. “Pro Xristou”, infatti, è un album che si avvicina molto al percorso solista di Sakis Tolis, in particolare con “Among the Fires of Hell”. Il nuovo disco si presenta come un lavoro in grado di unire due delle anime più affascinanti della formazione ellenica: quella più oscura ed evocativa – che si rifà al corso recente della band – a quella più decadente, che trae ispirazione da partiture e melodie che richiamano i Rotting Christ della seconda metà degli anni Novanta. In “Pro Xristou”, inoltre, i Rotting Christ sollevano il piede dall’acceleratore, concentrandosi sul lato più evocativo della propria visione artistica. Atmosfere, melodie, cori e linee vocali spingono proprio in questa direzione, realizzando un autentico tributo nei confronti delle gloriose civiltà del passato, distrutte nel nome di una religione che professa pace e fratellanza. Ascoltando “Pro Xristou”, seguendone l’incedere e la narrazione si ha poi la sensazione di trovarsi al cospetto di un’epopea omerica: maestosa, epica, carica di pathos. Gli stessi suoni, curati in ogni dettaglio, portano a enfatizzare proprio questo aspetto, riuscendo ad amplificare la capacità del disco di trasmettere visioni, adrenalina, sensazioni. Un lavoro dal forte spessore emotivo, capace di tradurre in musica le vicende narrate nei testi.

Ma è tutto oro quello che luccica? Eh, dobbiamo dire che “Pro Xristou”, come il precedente “The Heretics”, appare leggermente sottotono rispetto al livello di eccellenza a cui ci avevano abituato i Rotting Christ. Sia ben chiaro: l’album funziona, è davvero ben strutturato e curato nelle composizioni, ma gli manca quel qualcosa per poter fare la differenza, per poter competere con il passato stellare dei fratelli Tolis. Fino al 2016, d’altronde, la formazione ellenica ha inanellato una gemma dietro l’altra, è normale essere pretenziosi. Va poi detto che “Pro Xristou”, dopo un inizio non proprio brillante, prende effettivamente slancio nella seconda parte, da ‘The Farewell’ in poi. È proprio qui che i Rotting Christ riescono a centrare quell’espressività che ci ha portato a paragonare “Pro Xristou” a una sorta di epopea omerica. Un altro aspetto su cui ci soffermiamo è la scelta di realizzare un prodotto che risente palesemente del percorso solista di Sakis. Un album di questo tipo, con echi di “The Heretics” e dei Rotting Christ della seconda metà degli anni Novanta, a cui si sommano delle coralità operistiche, intrise di epicità e maestosità, se fosse uscito a nome Sakis Tolis avrebbe avuto un altro significato. A nome Rotting Christ, invece, propone soluzioni già approfondite dalla band di Atene. E sebbene le composizioni siano curate, in particolare nella seconda parte, per certi aspetti risultano prevedibili: l’ascoltatore comprende immediatamente in quale direzione si stiano muovendo. E questa prevedibilità la incontriamo soprattutto nella prima parte dell’album. Volendo essere puntigliosi, poi, la stessa scelta della copertina non rispecchia quanto espresso da “Pro Xristou”. Dall’ascolto del disco non veniamo travolti da una visione battagliera, guerresca, ma piuttosto da un’atmosfera decadente, un omaggio a un glorioso passato ormai svanito, raccontato con un chiaro sentimento nostalgico. Una narrazione che trova maggiori punti di contatto con il dipinto “Desolazione”, ultimo lavoro del ciclo “Il Corso dell’Impero” di Cole.

E quindi? Come interpretare “Pro Xristou”? Come un lavoro curato ed elegante, ma prevedibile in alcune soluzioni. Un album di valore, che però soffre il confronto con il passato dei Rotting Christ, fino al 2016, almeno. Chiudiamo con un’ultima riflessione: fa un certo scalpore sollevare delle perplessità di fronte a un disco del valore di “Pro Xristou” ma, come più volte sottolineato, la qualità offerta dai Rotting Christ è sempre stata alta. Basta abbassare di poco l’asticella per destabilizzare l’ascoltatore. Un lavoro di tal fattura, pubblicato sotto un altro nome, avrebbe di sicuro riscosso maggiori consensi. Questa, purtroppo, la maledizione che si abbatte sui più talentuosi. Un particolare che immagino venga accolto con il sorriso da Sakis e Themis.

Marco Donè

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