Recensione: Procreating The Undivine

Di Daniele D'Adamo - 13 Giugno 2013 - 17:50
Procreating The Undivine
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Anno: 2013
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75

 

Semmai ce ne fosse stato bisogno, con i The New Dominion l’Olanda si conferma uno degli stati europei a più alto tasso di classe in materia di death metal. Pestilence, Prostitute Disfigurement, Severe Torture, Sinister, Supreme Pain e Toxocara, giusto per fare qualche nome, sono infatti band dall’ottimo passato (assieme ai mai troppo considerati e purtroppo sciolti God Dethroned) e dal solido presente che non hanno alcun bisogno di presentazione.   

The New Dominion che annoverano fra le proprie fila quel Yuma van Eekelen, virtuoso batterista che fa parte dei connazionali Brutus ed Exivious oltreché aver partecipato alla realizzazione di “Doctrine” (2010) dei Pestilence, e che – dopo un demo (“… and Black Gleams The Eye”, 2007) e un full-length (“… and Kindling Deadly Slumber”, 2009) – , tentano la scalata al mercato internazionale con il neonato “Procreating The Undivine”. Un tentativo molto determinato, poiché si basa sulla produzione e il missaggio dello stesso van Eekelen e di Bart Hennephof (Final Focus Studio, Olanda), sulla masterizzazione di Jens Bogren (Fascination Street Studios, Svezia) e sull’artwork di Niklas Sundin (Cabin Fever Media, Svezia).

Un impegno totale per cercare di vivacizzare un genere che, sì, ha dato e dà adito a tantissime evoluzioni/contaminazioni, ma che, spesso e volentieri, si arena su dei cliché troppo rigidi e stantii. Per questo, van Eekelen e compagni hanno curato sin nei minimi particolari sia il tema concettuale, che si basa su unico filo conduttore legante i tremendi atti di violenza compiuti dall’Umanità, sia la composizione, accurata nel dare a ciascun brano una propria identità seppur inserita nell’univoco contesto che caratterizza il lavoro. Cercando, per quanto possibile, di non soffocare l’estro creativo con la poderosa dose di tecnica posseduta da ciascuno di essi. Operazione sicuramente difficile giacché, anche per questa fattispecie, gli ensemble dei Paesi Bassi formano una scuola nella quale la preparazione strumentale è un elemento primario anzi basilare per dar seguito alle varie carriere, con conseguente rischio di sconfinamento nel mero esercizio virtuosistico a sé stante.     

I Nostri, consci di questo fatto, evitano accuratamente di arzigogolare uno stile – seppur non elementare e non lineare – con pesanti ammennicoli e orpelli da… mal di testa, lasciando correre la fantasia in direzione di soluzioni melodiche se non accattivanti perlomeno gradevoli (“Matriarch Asphyxia”). Legandole, e questo si può affermare sia la miglior peculiarità di “Procreating The Undivine”, con un sapore d’annata che pesca gli ingredienti direttamente nell’heavy/power della prima metà degli anni ’80 (“Slaves Of Ablaze”, “Trancending The Blood”). Chiaramente si tratta solo di un aroma, giacché il sound dei The New Dominion non è secondo a nessuno in quanto a modernità e freschezza. Peraltro si può apprezzare, anche, la circostanza che l’efferatezza non sia l’unico traguardo da raggiungere, pur se pezzi come “Deceased Empires Of Flesh” schioccano come tremende scudisciate sulla schiena.

Nonostante l’accostamento volutamente non astruso alla questione musicale, il disco non è, comunque, così facile da assimilare. Occorrono un bel po’ di ascolti, difatti, per entrare in sintonia con canzoni apparentemente scialbe ma in realtà assolutamente interessanti come per esempio “The Eclectic Splitting Of Tongues”, ricche di variegati passaggi che lambiscono sia le armonie più immediate, sia le dissonanze più ardite. Questo dualismo, non perfettamente messo a fuoco entro un unico contorno, rappresenta il tallone di Achille dell’opera. A volte, per entrare nel dettaglio, si ha la sensazione di perdere leggermente il filo del discorso, lungo l’ora di musica compresa fra “Saliva” e “Down To The Osiris Flood”. Come se il combo di Tilburg avesse qualche difficoltà di troppo nel timbrare con il proprio, identico marchio di fabbrica tutte le canzoni del platter.  

A ben vedere, però, tale considerazione non inficia più di tanto un CD dal valore complessivo più che discreto, che si consiglia comunque a tutti gli appassionati del genere in virtù della raffinatezza tecnico/artistica posseduta dai The New Dominion. In base a quello che in essi s’intravede con chiarezza, “Procreating The Undivine” si può considerare una sorta di esperimento, di allenamento in vista di un aggiustamento della mira che, magari, si concretizzerà già con la prossima uscita.   

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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