Recensione: Profugus Mortis
I canadesi Blackguard sono saltati recentemente agli onori della cronaca per essere la band che è riuscita nella titanica impresa di vincere il concorso come miglior band di myspace indetto da Nuclear Blast. I partecipanti alla competizione sono stati centinaia e il premio, un contratto dai termini non definiti con quella che a tutti gli effetti è una delle label metal più importanti del globo, garantisce una visibilità notevole grazie anche alla celebre macchina da promozione in grado di portare in ogni parte del globo tutte le band al riparo delle loro capienti ali.
La scena canadese non è nuova al folk metal, anche se il genere è in espansione degna di nota da appena un paio d’anni… eppure i musicisti di talento non sembrano mancare. I Blackguard, al secolo Profugus Mortis, nascono nel 2001 e si vede. Musicisti dalla tecnica invidiabile, sono stati in grado di passare da una band black a tout court a una band che riesce a mischiare sapientemente folk, black, heavy e una buona dose di power sinfonico.
Il cantante Paul “Ablaze” Zinary, pur non facendo parte della formazione originale, è riuscito a dare una forte impronta personale al sestetto di Montréal grazie a un discreto talento nel passare da scream a growl a pulito nell’arco di poche battute, elemento da sempre punta di diamante del folk metal moderno.
Questo “Profugus Mortis” è un velocissimo esempio di come sia possibile calcare la mano sul black sinfonico senza diventare bombastici e prolissi sulla falsariga di Turisas o Equilibrium.
Il loro pregio è tutto qui: pestare, pestare duro. Il loro paese ha già un altro esempio di folkblack che non è tuttavia riuscito a innalzarsi dalla melma di uscite simili, con atmosfere sognanti e un approccio decisamente “femminile” al genere. I Blackguard tuttavia non sono i Moonlyght. Prendiamo per esempio la traccia “Cinder“: sembra uscita da Hate Crew Deathroll dei Children of Bodom, e questo per me è un punto assolutamente a favore. Riuscire ad amministrare sei strumenti e soprattutto riuscire a non rendere la tastiera l’ennesimo peso per le chitarre non è cosa da musicisti alle prime armi. Persino l’approccio hollywoodiano a “Scarlet to Snow” ricorda in un certo senso i meravigliosi arrangiamenti dei Finntroll sebbene manchino ancora della filatura tipica di polistrumentisti navigati come i nostri finnici.
Tutto è buono al fuoco dei Blackguard; ciononostante molta carne non è ancora ben cotta. Insomma, è stato gettato di tutto in quest’album: heavy-power con lontane velleità quasi Rhapsodyane (non è un caso che siano la band preferita dal cantante), folk da taverna e il tipico approccio irriverente del black metal d’importazione. Si sente la mancanza di un certo equilibrio. La velocità non va di pari passo con la memorabilità dei pezzi, che scivolano via lasciandosi uno strascico di adrenalina e poco altro.
Un difetto di poco conto, perché facilmente risolvibile con l’esperienza. Le parti più importanti, come il talento e l’ispirazione, hanno contribuito alla creazione di un disco certamente non epocale, ma quantomeno originale. E in un genere così inflazionato come il folk black, beh, è davvero come trovare la proverbiale pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.
Non c’è da correre immediatamente al negozio di dischi più vicino, ma i fan dei Children of Bodom e coloro che cercano un po’ d’adrenalina dal proprio folk senza dover sottostare ai soliti canoni scandinavi, ci facciano più di un pensiero.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
Discutine sul forum dedicato al folkpagan!
TRACKLIST:
01. Scarlet To Snow
02. This Round’s On Me
03. Allegiance
04. I Demon
05. The Sword
06. In Time
07. The Journey [limited edition bonus]
08. Cinder
09. Vain
10. The Last We Wage