Recensione: Project Elimi
Fondati nel 1996 (anno di uscita dell’omonimo EP) a Berlino, i Tangent Plane riappiaono sulle scene nel 2008 con il primo album intitolato Among Grey Masks. A distanza di tre anni esce questo nuovo Project Elimi. La formazione è rivoluzionata: sono della partita, tra i musicisti del debut, solamente il cantante Jan Michaelis ed il tastierista nonchè mastermind (autore del concept e di tutti i brani) Ralph Swan Krieger.
L’ambizioso obiettivo di creare un concept album all’insegna di un maestoso prog/power sinfonico naufraga nella difficoltà, anzitutto, di dare un senso organico all’insieme. Mai come in questo caso è lecito parlare di “passo più lungo della gamba”, trovandoci al cospetto di un assemblaggio, spesso senza capo nè coda, di idee e spunti che hanno poco in comune l’un l’altro anche all’interno dello stesso brano. Sono talmente tante le cose che non vanno in Project Elimi che, anche ad aver voglia di elencarle tutte, non si sa da dove partire; si potrebbe iniziare dalla pretenziosità di brani lunghi (tre sopra i nove minuti di durata) o lunghissimi (la conclusiva title track) che, mancando di una serie di presupposti basilari per tenere desta l’attenzione, finiscono per tramutarsi in pura agonia per il malcapitato ascoltatore che, dimostrando grande temerarietà, decide di non “skippare” nulla. Non va meglio sul versante degli arrangiamenti, sovente poco curati e per nulla agevolati da una produzione non proprio perfetta, con suoni impastati e penalizzanti per i singoli strumenti. Se nel grigiore generale si riescono ad apprezzare, almeno dal punto di vista esecutivo, le prove di Krieger e del chitarrista italiano Piero Pellegrino, è molto faticoso tentare di salvare altro; a cominciare da Michaelis, il cui vibrato inizia a risultare fastidioso già dopo metà del primo pezzo. Anche la sezione ritmica lascia pochi ricordi buoni, dando l’impressione che l’interesse principale, soprattutto da parte del batterista Dennis Hoffmann, sia quello di picchiare duro, disinteressandosi completamente del resto.
A dir la verità, l’opener One Month in Real-Time non sarebbe completamente da buttare (almeno inizialmente) ma una totale assenza di un lavoro adeguato in fase di arrangiamento la fa sembrare un’insieme di pezzi male appiccicati tra di loro; un difetto che, al pari dell’incongruità tra musica e linee vocali, si riscontrerà in tutto l’album. One with the Lies è fondata sui riff heavy di Pellegrino; se da un lato non arriva complessivamente alla sufficienza, ha almeno i meriti di avere l’unico ritornello abbastanza incisivo e di non durare troppo. L’inizio acustico di Ice Age fa sperare in qualcosa di migliore di quanto ascoltato fin qui, ma le aspettative vengono frustrate dalla pretesa (da parte di Krieger) di complicare un brano che, se fosse stato mantenuto strutturalmente più semplice, avrebbe potuto non essere male.
Tra le rare cose da salvare si possono annoverare alcuni passaggi di Borrow Me Your Dullness, quasi esclusivamente per le buone intuizioni messe in campo da Krieger e per qualche riff di Pellegrino sul quale si poteva insistere maggiormente, e la successiva Do You Live, purtroppo devastata dalla sezione ritmica (quando inizia a picchiare) e da Michaelis, che dovrebbe trasmettere angoscia ma, a ben vedere, non ci riesce granchè. Poca roba, ma almeno c’è un po’ di vitalità.
Pretese di drammaticità fanno capolino in Deadborn, finendo però, ahimè, col trasformarsi in noia per chi ascolta; tanto che già arrivare a metà brano è un’impresa titanica. La cupa One Moment And The Murder After implode velocemente nella sua atmosfera greve, permettendo di concentrarsi sullo sforzo necessario a reperire le residue energie nervose, fondamentali per affrontare gli oltre ventidue minuti (help!) della conclusiva (evviva!) title track. Cosa aspettarsi, dunque, dal finale, dopo tutto quello che è venuto prima? Francamente poco, se non che finisca in fretta. Partenza all’insegna del power e frequenti cambi di ritmo per quello che, senza troppi giri di parole, appare il compendio di quanto ascoltato in precedenza. Qualcosa di salvabile c’è qua e là, ma le linee vocali sono al limite dell’imbarazzante: sembrano scritte per un altro pezzo e, a volte, addirittura fuori sincro.
Appare superfluo, in conclusione, tentare di compiere qualsivoglia sintesi; si potrebbe ribadire tutto quello che non va, ma ha poco senso infierire quando, come sembra ormai piuttosto chiaro, l’unico consiglio valido è quello di tenersi alla larga da questo disco.
La cosa più terrorizzante di Project Elimi? A quanto pare è solo l’inizio di una trilogia… aiuto!
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Tracklist:
01. One Month in Real-Time 7:44
02. One with the Lies 5:23
03. Ice Age 7:03
04. Borrow me your Dullness 9:39
05. Do You Live 4:46
06. Deadborn 9:46
07. One Moment and the Murder after 9:23
08. Project Elimi 22:17
Line-up:
Jan Michaelis – Vocals
Piero Pellegrino – Guitars
Kostas Kontos – Bass
Ralph Swan Krieger – Keyboards
Dennis Hoffmann – Drums