Recensione: Promise And Terror
L’uomo che non vuole morire (parafrasando il titolo del suo precedente album), al secolo Blaze Bayley, torna sulla scena musicale a soli 2 anni dall’ultimo lavoro. Nel frattempo, però, è accaduto qualcosa che ha destabilizzato la sua vita: come molti di voi già sapranno, il cantante inglese ha dovuto affrontare la scomparsa prematura della moglie Debbie. Un’esperienza che ha certamente lasciato tracce indelebili sulla maturità artistica del cantante, e ha reso ancora più forte il suo attaccamento alla vita e alla musica.
“Promise and terror” è senza ombra di dubbio l’opera più completa mai prodotta da Blaze, e in essa ritroviamo tutte le sensazioni e gli stati d’animo da lui provati nel periodo più buio della sua esistenza. Inizio col dire che i testi delle canzoni hanno un ruolo predominante, e consentono all’ascoltatore di provare odio, rabbia, amore, solitudine, amarezza, speranza nell’arco dei 55 minuti di durata dell’opera; sentimenti contrastanti tra di loro, ma tenuti insieme dalla necessità di dover fronteggiare la drammaticità del momento in cui viene a mancare la persona amata. Anche dal punto di vista musicale il cambiamento è notevole: i brani suonano molto più “heavy” che in passato, gli arrangiamenti sono più curati e le aperture melodiche presenti qua e là sono gestite alla perfezione da Bayley, che finalmente riesce a variare e coinvolgerci in ogni singolo pezzo, convincendo.
Così “Watching the night sky”, veloce ed efficace opener, affronta il delicato tema del sentirsi soli, proprio come l’uomo rannicchiato su uno scoglio nel bel mezzo di una tempesta raffigurato nella copertina, affascinando con la considerazione che siamo tutti più vicini quando guardiamo lo stesso cielo, magari notturno. Già al secondo pezzo, “Madness and sorrow”, Blaze raggiunge livelli di eccellenza, modificando più volte la linea vocale durante il coinvolgente ritornello, dimostrando così che la struttura dei brani influenza notevolmente la sua interpretazione. In poche parole, se un brano è costruito apposta per il suo timbro, risulta tutt’altro che incapace di cambiare ritmo e tonalità.
“1633” è il primo pezzo “storicamente” impegnato dell’album: il titolo rimanda infatti all’anno in cui Galileo Galilei venne costretto ad abiurare le sue teorie eliocentriche, e il testo, oltre ad esaminare l’aspetto puramente religioso della vicenda (i classici riferimenti alle barbarie compiute dalla Chiesa nel corso dei secoli tanto cari al buon metallaro) ci pone davanti alla curiosa situazione in cui un uomo, certo delle proprie affermazioni, sia costretto a dover negare la verità.
Il brano è più cadenzato degli altri, ma tiene comunque alto il livello di attenzione con le sue sonorità forti e cupe. Convince anche “God of speed”, caratterizzata da una struttura semplice e lineare e in cui gli strumenti sembrano accompagnare all’unisono la voce di Bayley, il quale ribadisce ancora una volta come bisognerebbe cercare di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. “City of bones” è il secondo richiamo storico, e ci proietta con la mente nei terribili ed interminabili 900 giorni dell’assedio di Leningrado, durante la Seconda Guerra Mondiale. La band rievoca la gesta di un compositore russo dell’epoca, Shostakovich, che riesce a portare a termine la sua Sinfonia N.7 durante tale assedio, con i nazisti alle porte, spinto dalla passione per il proprio lavoro ma anche dall’istinto primordiale che gli impone di non arrendersi, di “lottare per la propria vita”. Magistrale la batteria, che in apertura ricrea alla perfezione i colpi di una mitragliatrice, facendoci sentire all’interno del campo di battaglia. Il brano aumenta di intensità con il passare dei minuti, riuscendo ad esprimere con forza tutta la sua potenza.
“Faceless” è un altro brano veloce e diretto, persino divertente, e il testo si centra sulla considerazione di come tutti noi cerchiamo di essere il più possibile perfetti e omologati, ma agli occhi della società siamo solo uomini senza volto, uguali nelle nostre similarità. Con “Time to dare” ritorniamo su livelli più riflessivi, e nonostante la melodia non sia una delle più azzeccate del disco, ancora una volta l’incisività dei suoni e la concretezza dell’esecuzione vocale spiccano su tutto il resto. “Surrounded by sadness”, che può essere divisa in due parti, la prima acustica ed evocativa e la seconda più energica, rappresenta bene lo stato d’animo del cantante, ed oltre a rallentare (direi necessariamente) il ritmo generale, introduce quello che a mio avviso è il brano più accattivante mai scritto da Blaze, “The trace of things that have no words”. Non c’è niente che possa colmare il vuoto che hai lasciato, non c’è niente che possa curare queste ferite, non sono niente se non sei più con me, perché le mie mani e i miei piedi continuano a muoversi, e perché riesco ancora a parlare se non posso più parlare con te? Sono tutte le amare constatazioni che il singer scaglia nelle orecchie dell’ascoltatore con rabbia e violenza, interpretando alla meraviglia un pezzo rude e deciso, veramente trascinante.
La successiva “Letting go of the world” serve a Bayley per rivelarci, all’interno di un brano che segue nuovamente i mutamenti del suo stato d’animo variando ritmo e intensità, di essere stufo di essere giudicato da persone che non conoscono nulla di lui e della sua vita, di come non gli interessi più nulla degli altri e del mondo che lo circonda. “Fight, kill, fuck, eat” sono i quattro verbi urlati nella parte finale, scanditi come veri e propri comandamenti. La lenta e godibilissima “Comfortable in darkness”, caratterizzata da un ipnotico arpeggio di chitarra, chiude l’album esprimendo il concetto chiave dell’intera opera: il male, al pari del bene, è parte integrante della vita, e di conseguenza l’unico modo per sopportare il dolore e la sofferenza è accettarli, senza paure, arrivando a sentirci a nostro agio anche circondati dalle tenebre. La recensione termina qui, lascio a voi esprimere giudizi sulla complessità e maturità di un album che , al di là di ogni parere ed opinione personale, è in grado di affascinare e coinvolgere musicalmente ed emotivamente.
Come non sentire estremamente umane tutte le emozioni e i sentimenti descritti nelle canzoni, come non riconoscersi nei contrastanti stati d’animo seguenti una grave perdita? Ora provate a non leggere il nome del cantante scritto sulla copertina, e fate finta, per un attimo, che non abbia mai fatto parte degli Iron Maiden. Ditemi, sinceramente: che cosa ne pensate di Blaze Bayley?
Mauro Crivelli
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Tracklist
01. Watching The Night Sky
02. Madness And Sorrow
03. 1633
04. God Of Speed
05. City Of Bones
06. Faceless
07. Time To Dare
08. Surrounded By Sadness
09. The Trace Of Things That Have No Words
10. Letting Go Of the World
11. Comfortable In Darkness
Line-up:
Blaze Bayley – Vocals
Nicolas Bermudez – Guitar
Jay Walsh – Guitar
David Bermudez – Bass
Larry Paterson – Drums