Recensione: Promo 2003
Come gli artisti navigati, anche Dario Grillo, giovanissimo singer (classe ’79) dei siciliani Thy Majestie, giunge al suo progetto solista, e può finalmente dare libero sfogo a quelle che da sempre furono le sue passioni in ambito musicale, vale a dire l’hard rock melodico. Le sue origini artistiche lo vedono infatti in una band street/glam a ripercorrere le orme di giganti come Poison e Skid Row.
Seppure è notevole la voglia di rifarsi a determinati canoni, è forse troppo pesante il fardello power metal che Dario si porta dietro, dal momento che fin dall’opener “Here I Am” è impossibile non notare riff immediati e abbastanza semplici, lasciando ai soli synth e cori l’onere di raccordare a dovere il brano.
“Can Feel It” potrebbe, in quest’ordine di idee, diventare un’opener per il nuovo Thy Majestie, se non fosse per le vocals soft e quei tastieroni che strizzano di continuo l’occhio a tutto il pomp aor dei gloriosi anni ’80. Anche dal punto di vista della produzione è notevole lo sforzo fatto per emulare determinate sonorità, e per questo renderei giustizia alla riuscita del progetto di Dario, che non si è impegnato solo a cantare (con ottima resa) un genere davvero ostico per le sue esigenze di pulizia e professionalità, ma ha dato un corpo all’intelaiatura dei pezzi con arrangiamenti degni di nota.
Qualche remora la riserverei forse al mixaggio e su qualche scelta compositiva (ad esempio la doppia cassa sul finale di “Can Feel It” è davvero fuori luogo), ma è solo la pignoleria di un appassionato del genere.
Sentitissima la ballad “Love Reclaims His Truth”, in cui Dario dà una delle migliori prove del promo in questione, sia dal punto di vista vocale, sia chitarristico. Grande gusto.
E’ ancora pomp rock al massimo splendore con “Into The Fire”, con gli Styx a fare capolino dietro l’ombra incombente e protettiva di Journey e Survivor, mentre più intimista è la struggente “My Reason”, la cui atmosfera viene tenuta viva dall’eclettismo vocale di Dario, alle prese con una timbrica naturalmente ruvida e per questo piacevole, che con grande perizia si moltiplica in parecchie sovraincisioni, controcanti e contrappunti da mille e una notte.
Il blues che introduce “Check It Out” si trasforma presto in un forsennato up tempo in stile Rainbow che perde un po’ di vigore nel bridge, ma torna subito a graffiare con un’altra strofa dal cantato piuttosto street, e stavolta arriva il chorus/tormentone. Unica pecca la forzatura di tempi e innesti prog a volte faticosi da digerire.
A tinte progressive è dipinta anche “Angel’s Cry”, sulla scia compositiva di “Sons Of Thunder” dei Labyrinth, e tra l’altro non posso mancare di notare una certa somiglianza tra Dario e Roberto Tiranti in alcuni frangenti.
Un’altra ballatona, zuccherosa nella sua ipermelodia, è “The Last Kiss”, che sulla falsariga di “Love Reclaims His Truth” ripropone i controcori avvolgenti che ne avevano fatto le fortune.
Notevoli e divertenti gli esperimenti sonori che rendono progressivo l’hard rock di “Chasm Of Madness”, nel cui refrain è forte l’influenza dei Magnum di Bob Catley.
Il disco si chiude sulle note di “Voice Of The Silence”, naturale appendice strumentale di “Waves Of Sea”, il cui slow tempo tende a sopire un po’ le esaltazioni melodiche dei pezzi precedenti.
Mi sembra che io abbia messo in luce i motivi per un voto così alto, per un demo, e se anche di quest’autoproduzione non condivido la scelta di programmare la batteria con un sequencer (la perdita in dinamica conta molto nel genere), né ho trovato ritornelli davvero memorabili, è doveroso per me fare i complimenti a un artista che è riuscito a dire la sua in un territorio da sempre minato per i musicisti italici, e secondo chi scrive sentiremo presto parlare di questo ragazzo in progetti ben diversi dal power metal dei Thy Majestie.
Tracklist:
Here I Am
Can I Feel It
Love Reclaims His Truth
Into The Fire
My Reason
Check It Out
Angel’s Cry
The Last Kiss
Chasm Of Madness
Waves Of Sea
Voice Of The Silence (Instrumental)