Recensione: Promo 2011
È fatto ormai assodato che il metalcore sia uno dei generi maggiormente in voga in questi ultimi anni. È altrettanto chiaro che la scena, nel giro di poco tempo, sembra aver già detto tutto (escludendo rari casi d’eccellenza quali Between the Buried and Me). Ciò nonostante, si è potuto assistere alla nascita di un numero pressoché infinito di band cloni, che, ci si passi l’espressione forte, si sono dimostrate del tutto incapaci di proporre musica dotata di un’impronta personale.
Nello sconfortante panorama appena descritto, rientrano a pieno titolo anche i The Ritual, combo attivo dal 2002, formatosi in Piemonte, più precisamente nella zona di Alessandria. Nata da un’idea di Marco Obice e Luca de Vito, la band torna sul mercato discografico con “Promo 2011”, uscito a due anni di distanza dal precedente demo, intitolato semplicemente “Promo ’09”.
Musicalmente siamo al cospetto di un lavoro davvero scialbo e superfluo, che non aggiunge nulla all’intero movimento -core e che non riesce in alcun modo a spiccare. “Promo 2011” è infatti uno di quei dischi talmente banali che diventa quasi impossibile trovare qualcosa da salvare.
Le melodie sono sempre le solite, stra-abusate e sfruttate già da altri innumerevoli gruppi. Le chitarre disegnano riff eccessivamente standard e prevedibili e privi di mordente; il basso si limita a seguire timidamente i tempi scanditi dalla batteria. Quest’ultima tesse ritmiche scontate oltremodo, finendo per appiattire non poco le quattro canzoni presenti nell’opera.
Stesso dicasi per la prova al microfono di Obice, piatta come non mai. Il cantante si dimostra incapace di dare la giusta carica ai pezzi; la voce dell’alessandrino manca di carattere e il timbro risulta ancora troppo acerbo.
Ascoltando attentamente il lavoro, si nota come i ragazzi non sappiano offrire un songwriting dinamico e avvincente, rifugiandosi in soluzioni che denotano una forte mancanza di fantasia.
Ecco che quindi nascono tracce estremamente di modo. Ne sono esempi lampanti “Jason on the River”, piuttosto che la successiva “Shoot Me”, che regalano sbadigli a non finire, citando di continuo realtà quali Trivium o Bullet for my Valentine. Giusto “The Slave” riesce in qualche modo ad apparire meno noiosa, grazie al riffing di chiara estrazione thrash e a un ritornello tutto sommato gradevole.
Tutto ciò che è salvabile si può riassumere in due soli concetti: esecuzione tecnica e produzione. Il quartetto sfodera una prestazione sufficientemente buona. Gli strumenti sono suonati con discreta perizia e nessuno dei quattro musicisti presta il fianco a pesanti critiche. Le composizioni, piuttosto lineari e del tutto scevre da qualsiasi virtuosismo aiutano molto in questo senso.
Eccellente la qualità della produzione: i suoni sono davvero puliti, corposi e chiari, con volumi ottimamente regolati.
Dispiace veramente molto dover affondare tanto il coltello nella carne, ma questa volta davvero non ci siamo. Mancano quasi tutti i presupposti e i requisiti per poter essere competitivi e per poter svettare rispetto alla massa. C’è bisogno di idee nuove e fresche se si vuole proporre qualcosa di appetibile al grande pubblico.
Per ora la bocciatura è inevitabile, ma chissà, forse più in là i The Ritual potrebbero regalarci qualche soddisfazione.
Emanuele Calderone
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Tracklist:
01- Show Me What You Can Do
02- Jason on the River
03- Shoot Me
04- The Slave