Recensione: Prophecies of Eternal Darkness
Tra i recenti inserimenti nella lineup della Season of Mist (divisione Underground Activists) troviamo il quartetto texano dei Necrofier. Leggendo il press kit che accompagna il disco d’esordio intitolato Prophecies of Eternal Darkness verrebbe quasi voglia di non pigiare neppure il tasto play e principalmente per lo stucchevole quanto quasi di certo involontario utilizzo di ossimori che cercano in tutti i modi di presentare il sound della band come il perfetto ibrido tra True Norwegian Black Metal e Southern Mood che almeno in quest’ambito ci auguriamo possa rimanere nel vecchio juke-box di quel tipico caffè sperduto nel deserto americano. Lo sappiamo, in Texas tutto è più grande, più forte e più rumoroso e gettando nel cestino le superflue note stampa diamo finalmente il via all’opener The Black Flame Burns, che scaccia via tutti i possibili equivoci creati dalle parole e lascia spazio ad una canzone di purissimo black metal.
C’è vecchia scuola, si percepiscono quegli stilemi che richiamano capisaldi del genere come 1349, ma anche una costruzione dei brani coincisa e che non volta le spalle a qualche opportuna apertura melodica (Darker Than Night – Death Comes For Us All), utile a tenere fluida la nostra attenzione nel vortice di corpi e nubi di una copertina epica che contrasta con l’apparente semplicità di un album pregno di efficacia compositiva. Gli amanti del black scandinavo potranno subito trovare i riferimenti utili a definire un sound che tuttavia mantiene una propria originalità e articola le otto tracce consentendo a ognuna di esse di sviluppare qualcosa che non vive necessariamente di sola furia cieca (Madness Descends – Unholy Hunger – Betrayal of the Queen). Per quanto riguarda la qualità si apprezza una buona compressione e un “feel” analogico che non snatura il carattere della band e che al tempo stesso accentua la violenza d’insieme nei momenti più spaccaossa (Return to Chaos).
Aria fresca, sarebbe bastato questo per definire l’esordio dei Necrofier. Un album in fin dei conti semplice, diretto e che in quelle piccole imperfezioni (in un paio di episodi anche d’esecuzione) trasuda l’atmosfera che si potrebbe respirare in una piccola sala di registrazione sperduta nel deserto texano, dove lontani eoni dalle gelide e sperdute lande scandinave si può compiere un viaggio nelle tenebre e offrire all’ascoltatore 35 minuti di sano black. I pochi fronzoli gettati in pasto alla musica di questo Prophecies of Eternal Darkness funzionano alla grande e lanciano l’esca per un seguito che preannuncia una qualità superiore e un comparto esecutivo che con la maturità necessaria smussi quei pochi angoli che hanno in piccola parte penalizzato l’esperienza di ascolto. È molto probabile che questo esordio resti nella vostra playlist più di tanti altri lavori tecnicamente più pettinati.