Recensione: Prophecy of Ragnarök
Fratelli del metallo. Provenienti da Falun, Svezia, i Brothers of Metal sono una power metal band composta da ben otto elementi, con tre chitarre (mica solo gli Iron Maiden!) e tre voci, intente come potete ben immaginare a narrare le vicende epiche e leggendarie della mitologia norrena. Del resto il titolo del debut del combo svedese “Prophecy of Ragnarök” non dà adito a fraintendimento alcuno. Vestiti come veri vichinghi anche durante le esibizioni dal vivo (ok, ok, gli abiti sono forse un po’ troppo pacchiani) e nel nome di Odino, Thor e Loki, i nostri intrattengono con soluzioni melodiche molto immediate, forti della voce pulita e ricca di sfumature di Ilva Eriksson, che si scontra con quella più rude di Joakim Lindbäck Eriksson.
Senza alcuna pretesa di suonare originale o alternativo, “Prophecy of Ragnarök” è un disco molto piacevole, con ben tredici brani (e un’intro) molto immediati e diretti, tutti tra i tre e quattro minuti; una prolissità della proposta solo apparente, alla prova dell’ascolto ogni pezzo palesa la propria inconfondibile identità senza momenti di calo. La struttura dei brani è sempre molto semplice, con elementi folk che si alternano a momenti più tirati da headbanging, invenzioni corali e soprattutto grandi ritornelli ariosi ed epici, vero punto di forza dell’intero lavoro. Brani come la titletrack “Prophecy of Ragnarök” o “Defenders of Valhalla” conquistano dal primo ascolto, così come i mid-tempo “Sons of Odin” e “Gods of War”, anche se il cuore pulsante del disco appare a metà dell’avventura, dopo l’intro “Concerning Norns” che prelude all’albero del mondo e fonte di vita.
From there come maidens, very wise
Three from the lake that lies beneath the pole
One is called Urd, she’s the weaver of faith
Another Verdande who’s forever present
Skuld is the third, the future lives within her
Together they carve into the tree
The lives and destinies of children, men and gods
To them, the all-knowing, we pay our dues this day
As we bring you our hymn, Yggdrasil…
Eccoci dunque sulla cima della collina, a contemplare le alte chiome di “Yggdrasil”, con un brano che suona come un inno alla vittoria, alla gloria degli dèi, ad un destino da affrontare e compiere. La voce della Eriksson ci accompagna con grande pathos in questo momento di pura epicità.
Non mancano anche momenti più tipicamente metallari, di manowariana ispirazione, come in “Siblings of Metal” o “We Believe in Metal”, brano di chiusura del lotto. Il ricorso al cliché è sempre molto spinto e caratterizzante, anche se ai primi ascolti potrebbe risultare eccessivo; credo che in dischi come questo sia necessario entrare nel giusto mood o lasciar perdere in partenza. Ottima la produzione, decisamente sopra la media per un disco di debutto, opera di Erik Berglund. C’è spazio anche per un po’ di sana autoironia, utile forse a smorzare un certo true-oltranzismo oggi anacronistico: non ce lo immaginiamo proprio (Nanowar of Steel a parte) Odino vantarsi con frasi tipo “THURSDAY! Bears my name / Shameless I’m still the same” o “I Believe In Honour / And My Fist Made of Steel /Loki is My Brother / He has no sex-appeal”. La parola d’ordine dei Brothers of Metal sembra essere “intrattenimento”, e gli svedesi centrano il bersaglio con passione e determinazione.
Pur nella comfort zone di un genere ben collaudato, “Prophecy of Ragnarök” è un disco adattissimo per passare momenti spensierati oltre il bifrǫst, ad Asgard, in compagnia degli dèi norreni e dei fratelli nel metallo. Un debut che convince e che per molti versi ci fa ben sperare per il futuro della band. “Brothers of Metal”, segnatevi questo nome e date loro una possibilità: oltre sterminate praterie ed alte montagne Sleipnir potrebbe davvero condurvi e condurli alle porte del Valhalla.
Luca “Montsteen” Montini