Recensione: Proud
Gli Entirety sono una delle band italiane piu’ longeve, ormai, essendo in attivita’ da ormai 15 anni, seppur tra fasi alterne e a volta anche cambiamenti radicali. La band varesina era assurta agli “onori” della cronaca underground nazionale (ai tempi le fanzine erano ancora dei ciclostilati diffusi a mano o via posta) per quello che sembrava essere uno dei dischi piu’ promettenti della scena italica: In Caelo Omnia Acciderunt mostrava un gruppo deciso nel puntare su una formula personale, anche se non indifferente al nascente suono di Gothenburg.
Anni sono passati, e sono cambiati sia i membri del gruppo (l’unico membro fondatore e’ ormai il bassista Davide) e lo stile musicale, passato nel corso del tempo, attraversando lidi death melodici, black sinfonici e approdando ora a un mix death/black di impatto e meno farraginoso di una volta, con un’evoluzione stilistica che ha qualcosa dei vecchi Sadist, pur muovendosi su coordinate diverse. Piu’ attenzione alla robustezza del suono, qualche sbilanciamento melodico azzeccato e vocals quasi sempre su tonalita’ black.
L’obiettivo dichiarato degli Entirety e’ oggi, col principale compositore Gualtiero, quello di incorporare le componenti fondamentali del suono estremo piu’ moderno, senza venire meno alle proprie radici musicali (ma fortunatamente lasciando da parte gli accenti lirici di uscite come l’EP …To Fuck). Si sentono molto i vecchi e sempre sottovalutati Coroner, ma si percepiscono nei loro brani anche idee nuove, voglia di rompere le barriere, che non sempre sono sviluppate in modo completamente maturo ma rendono interessante la loro proposta e supportabile la loro passione: Daimon, con la voce “lamentosa” dell’ospite Convulsion (bassista dei Doomsword e cantante dei Midryasi) e la sua cadenza thrash, ma soprattutto le ottime melodie di Eleven Minutes sono il nucleo dell’interesse suscitato da un disco in cui sono state profuse visioni ben sviluppate. Visioni che si nutrono, pezzo dopo pezzo, dell’evidente personalita’ e gusto thrash metal di Gualtiero, ancor prima che quello death: anzi, il death possiamo dire che sia ridotto a poche ritmiche nel tessuto di questo disco, cosi’ come sarebbe estremamente superficiale catalogare Proud come black dopo aver sentito solo le vocals e magari qualche passaggio intenzionalmente “malato”, come quello industrialoide di Bathed In Dark, altro episodio notevolissimo e su cui fondare un’evoluzione futura.
Certo, ci sono dei punti deboli: la produzione è buona, ma ricorda il suono italiano anni ’90, spesso troppo secco e privo di spessore, e non rende del tutto giustizia a un disco per cui è stato fatto un lavoro di arrangiamento notevole e che basa sulla potenza di suono gran parte delle sue carte; e la maturita’ che si vede a pieno nella citata Eleven Minutes si perde a volte lungo una tracklist modernista e moderna, ma non sempre decisa sulla direzione da intraprendere.
Insomma, non sono piu’ gli anni di fermento in cui gruppi come i Necromass, i Sadist e gli stessi Entirety si aprivano a pugni una via nel mercato metal, semplicemente mostrando come la loro creativita’ avesse le stesse qualita’ dei gruppi esteri che nascevano in contemporanea (come i Dark Tranquillity di Skydancer) ma meno budget: sono anni piu’ facili nell’ambito della produzione e della comunicazione, e gli Entirety fanno bene a sfruttarli per farsi sentire come in passato era difficilmente accaduto. Ma qualcosa manca ancora, duole dirlo: e ci auguriamo fortemente che venga trovato e fatto crescere a breve. Questa band lo merita.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Proud to be Entirety
2. All is burning
3. Eleven Minutes
4. Daimon
5. Mohamed Heirdom
6. J.A.L.G.
7. Bathed In Dark
8. Bitch