Recensione: Psalms For The Dead
Leif Edling (bassista e massimo compositore dei Candlemass) ha recentemente dichiarato che “Psalms for the dead” è l’ultimo disco della band, che, d’ora in poi, si dedicherà alla sola attività live. A questa decisione si accompagna l’allontanamento di Robert Lowe, voce degli ultimi tre full-length dei Candlemass, il quale sarà sostituito da Mats Levén, già con At Vance, Therion e Malmsteen, oltre che in carico delle background vocals proprio su “Psalms for the dead”.
Entrambe le notizie vanno accolte con dispiacere perché, diciamolo subito, la band è in ottima forma e, almeno in studio, Lowe sembra in grado di fornire prestazioni di altissimo livello. Abbiamo numerosi precedenti di dichiarazioni in merito ad ultimi album che non sono stati tali, o a tour di addio poi rivelatisi lucrose trappole per fan attratti dall’eccezionalità fittizia dell’evento. Credendo, tuttavia, alle parole del bassista, va ammesso che “Psalms of the dead” rappresenta un ottimo sunto delle caratteristiche di quello che sono (stati?) i Candlemass. In esso, infatti, epicità cadenzata (epicus), riff tipicamente doom (doomicus) e classico heavy metal (metallicus) si alternano a formare quell’impasto che ha reso celebre la band svedese nel corso di quasi trent’anni di carriera.
Davvero un peccato, si diceva, che i Candlemass si congedino da Robert Lowe e dagli studi di registrazione proprio in questo momento: “Psalms for the dead” è, infatti, il miglior disco dell’era Lowe e regge bene il confronto con il bellissimo “Candlemass” del 2005, ovvero l’opera che ci riconsegnò la band dopo i tristi anni novanta.
L’opener “Prophet” è un pezzo grandioso: inizia con un riff che pare tratto dal manuale del doom metal, per poi attaccare con un ritmo veloce e quadrato che sfocia in un violento ritornello dalla coda epica. Più canonica è “The sound of dying demons”, primo di una serie di tributi indiretti al riffing di Toni Iommi che potrete trovare lungo l’arco del disco: ancora epicità e grande melodia contraddistinguono il pezzo, arricchito da una ottima prova di Robert Lowe.
“Dancing in the temple (of the mad queen bee)”, invece, è una cavalcata veloce, quasi power, che non potrà non essere apprezzata da chiunque ami l’heavy metal. Con “Waterwitch” si torna su ritmi lenti, mentre l’ombra nera di una certa band di Birmingham (o Aston, che si voglia) si allunga su Stoccolma.
Quindi, si passa al lato B. Sì, come ai tempi del vinile. Nella lista delle canzoni riportata sul retro del CD e del booklet, infatti, uno spazio pare dividere l’album in due parti, di cui la seconda inizia proprio con “The lights of Thebe”, altra doom song classicissima che, se non brilla per originalità, splende, tuttavia, per personalità, odorando di Candlemass ad ogni nota.
Segue la title-track, che da sola vale il disco: ancora ritmi lenti e atmosfere pesantissime (e sabbathiane) portano alla meravigliosa apertura melodica del ritornello, cui fa da contrappunto un primo assolo dalla bella melodia e un secondo più sporco e veloce. Un grande pezzo.
“The killing of the sun” propone una bella linea vocale che si appoggia su di un riffing vagamente settantiano, mentre “Siren song” suona un po’ Heaven & Hell (siamo sempre lì), mentre compare un hammond che settantiano lo è davvero.
Infine “Black as time”: introdotta da un brano recitato, l’ultima canzone dell’ultimo disco dei Candlemass tratta del tempo, che passa inesorabile …until it finally stops.
Come “Prophet”, anche “Black as time” ben riassume la natura della band: strofa veloce, ritornello asfissiante, eccellente parte strumentale. Tutto filerebbe liscio verso una dignitosa conclusione, se il tic tac di un orologio non si stagliasse sopra lo svanire della musica, fino a restare solo e, infine, fermarsi anch’esso, facendo galleggiare nell’aria un silenzio che è colmo del vuoto lasciato (consapevolmente) dai Signori del doom.
Il disco, dunque, è bello e gli si può perdonare una certa tendenza (auto)citazionista. Rispetto alle ultime uscite dei Candlemass è forse meno doom e più heavy: ma questa resta una nota di margine.
La copertina è splendida, pur nella banalità del soggetto (su quanti dei nostri dischi campeggiano croci, teschi e oscuri prelati?), a ribadire il carattere definito di una band che ci mancherà moltissimo.
Addio, cari Candlemass: una epica, doomica, metallica notte cada sui vostri antichi sogni.
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Tracklist:
01. Prophet
02. The Sound Of Dying Demons
03. Dancing In The Temple (Of The Mad Queen Bee)
04. Waterwitch
05. The Lights Of Thebe
06. Psalms For The Dead
07. The Killing Of The Sun
08. Siren Song
09. Black As Time
Line Up:
Robert Lowe – Voce
Mats “Mappe” Björkman – Chitarra
Lars “Lasse” Johansson – Chitarra
Leif Edling – Basso
Jan Lindh – Batteria