Recensione: Psychic Warfare
Non sono molti i gruppi e gli artisti di una certa fama in grado di rifuggire in maniera sistematica dalla più inflazionata banalità, ma tra di essi i Clutch meritano certamente un posto d’onore.
Il quartetto americano, capitanato dal cantante e chitarrista Neil Fallon, fa in effetti dell’ecletticità il proprio cavallo di battaglia, al punto da aver forgiato negli anni un sound unico eppur incredibilmente composito, lontano anni luce dalle più comuni classificazioni normalmente in voga tra critica, pubblico ed addetti ai lavori.
Nella musica dei Clutch confluiscono il blues, il rock ‘n’ roll e distorsioni pesanti al limite dello stoner, il tutto al servizio di brani quasi sempre freschi, divertenti ed animati da un groove semplicemente pazzesco. La scuola, a livello di impostazione concettuale, sembrerebbe essere la stessa di gruppi usciti allo scoperto nell’epoca del post-hardcore quali The Melvins e Corrosion Of Conformity, tuttavia le spiccate ascendenze blues/southern tipicamente stars & stripes e quello spirito rockeggiante e fracassone che fa molto Motörhead contribuiscono a rendere l’impasto più che mai vario, personale e – vivaddio – gustoso.
Se, poi, a tutto quanto appena asserito si aggiunge il fatto che Fallon, Sult, Maines e Gaster sono dei veri e propri “manici” il quadro è completo. Ogni singola canzone contenuta in “Psychic Warfare” è un mosaico sonoro ribollente di pulsioni hard rock, atmosfere da film western e badilate di metallo sudista zozzo e sudato in piena faccia, ma questa descrizione può tranquillamente essere estesa a più o meno tutta la discografia della band originaria di Frederick.
In apertura “X- Ray Visions” e “Firebirds” vanno veloci, velocissime, quasi fossero sparate fuori da una carabina; tuttavia è con l’irresistibile groove southern di “A Quick Death In Texas” che il piede sotto al tavolo incomincia a battere a ritmo senza riuscire a fermarsi. “Sucker For The Witch” gioca poi con il rock ‘n’ roll, in attesa della devastante “Your Love Is An Incarceration”, tesa ispirata e divertente come raramente capita di sentire. Posizionata in centro scaletta “Doom Saloon” pare messa lì apposta per spezzare il ritmo e preparare il terreno alla spettacolare “Our Lady Electric Light”, quasi quattro minuti di rock a tinte western dall’andamento marziale ed evocativo cui fa da perfetto contraltare la successiva “Noble Savage”, non troppo lontana da territori cari a Lemmy e compagnia. Il rush finale è affidato ad un terzetto nel quale la concitata “Behold The Colossus” e la più cadenzata “Decapitation Blues” tirano la volata alla torrenziale “Son Of Virginia”: un’impareggiabile marcia di oltre sei minuti perennemente in bilico tra rock sudista e suggestioni lisergiche benissimo sottolineate dal cantato isterico di Fallon.
Al tirar delle somme “Psychic Warfare” è un disco tosto, grezzo e conciso, certamente inferiore al precedente “Earth Rocker” eppur in grado di portare avanti con veemenza un’avventura che tra mille e più sconfinamenti e affinamenti di stile prosegue per la propria strada da oltre vent’anni. Se amate la buona musica e non vi fate troppi problemi “di genere”, dateci retta: i Clutch sono una delle poche band per cui può ancora valer la pena di “compare a scatola chiusa”.
Stefano Burini