Recensione: Psycho Fantasy
A distanza di ben quindici anni torna a comparire sulla copertina di un prodotto discografico il nome dei Phenomena, progetto hard rock dei fratelli Tom e Mel Galley che qualcuno ricorderà essere i fondatori in tempi ormai remoti dei seminali Trapeze, band che ebbe il merito (mai abbastanza ricompensato!) di portare agli onori della ribalta la voce di Glenn Hughes, ovvero colui il quale può legittimamente fregiarsi del titolo di miglior rock singer (insieme al quartetto di assi Coverdale, Soto, Turner e Lande, a parere di chi scrive) presente attualmente sulla scena internazionale.
Cosa attendersi da un come back tanto gradito quanto inatteso? Molto semplice, quasi banale la risposta: robusto hard rock d’annata, una manciata di brani inseriti nella tradizione più semplice e lineare che tuttavia non si nega un certo spirito “innovativo” e che, sebbene qualche episodio risulti invero deficitario e non molto convincente, non manca di riservare alcune sorprese ed alcuni pezzi di discreto interesse.
Due essenzialmente i punti a favore del CD: una produzione che ha saputo rendere i suoni estremamente puliti, corposi e profondi, in grado di far risaltare efficacemente le situazioni migliori in termini musicali, e la presenza di alcune guest stars di grande rilievo, come Tony Martin, Keith Murrell e J.J. Marsh, oltre al già citato Glenn Hughes (magistrale interprete di tre canzoni), i quali, affiancati da un nutrito gruppo di artisti poco noti, nobilitano il nuovo Phenomena con prestazioni decisamente di alto profilo.
Disdicevole invece la scarsa omogeneità a livello qualitativo delle singole tracce: sfortunatamente il disco zoppica in modo lampante, alternando situazioni interessantissime e piacevoli ad altre del tutto trascurabili se non persino inutili e fastidiose; “Crazy Grooves” ad esempio è, per quanto mi riguarda, sin da ora in lizza per la palma di peggior canzone del 2006…
L’impressione che se ne trae è quella di un disco di media levatura, dove si contrappongono aspetti molto positivi e riusciti, identificabili principalmente in songs come “Touch My Life”, “Killing For The Thrill”, “So Near So Far”, “60 Seconds” e “How Do You Feel” (dove la voce di Hughes è libera di volare in tutto il suo splendido appeal), ad altri estremamente inefficaci e poveri di attrattiva, fattori questi che, in definitiva, rendono il prodotto meritevole di considerazione principalmente da parte di chi vede nelle sue qualità elementi sufficienti per giustificarne l’acquisto (con conseguente esborso di “sudatissimi” euro), quali ad esempio la manciata di belle canzoni concentrate soprattutto nelle battute iniziali, o la presenza dei grandi calibri nominati poc’anzi, Glenn Hughes su tutti.
Le precedenti tre uscite targate Phenomena (l’omonimo del 1985, “Dream Runner” del 1987 e “Inner Visions” del 1991) erano state caratterizzate da un livello qualitativo meno altalenante e più omogeneo: il confronto rende pertanto “Psycho Fantasy” l’episodio più debole della loro esigua discografia.
Certo dopo un periodo di oblio così lungo era lecito aspettarsi qualcosa di più; non risulta comunque sgradito porsi all’ascolto di un buon numero delle canzoni presenti in scaletta: se al posto di quei tre / quattro inutili fillers disseminati lungo i 47 minuti di durata del cd avessimo trovato brani di livello meno infimo, sicuramente avremmo parlato di pieno successo e non di un prodotto riuscito a metà, ed i dubbi sulla validità del possibile acquisto sarebbero stati in misura decisamente inferiore.
Occasione persa? Come dicevano i padri latini “In medio veritas”, la verità sta nel mezzo.
A voi quindi la scelta…