Recensione: Psychosis
Il ritorno sulle scene dei brasiliani Cavalera Conspiracy, la band che vede riuniti sotto lo stesso tetto i leggendari fratelli Max e Iggor Cavalera, è a tutti gli effetti una sorta di evento per la scena metal, capace di catalizzare le attenzioni di fan e critica, scatenando, come già successo per i precedenti lavori, un probabile polverone tra gli appassionati. Tanto più se consideriamo le parole usate da Max Cavalera per presentare la nuova fatica:
L’album è finito. È stato prodotto da Arthur Rizk, nostro amico e grande produttore che ha fatto un ottimo lavoro. Adoro quest’album. Ci sono nove canzoni. Abbiamo una canzone con Justin dei Godflesh. Il resto è composto da pura follia thrash. Lo abbiamo masterizzato un paio di giorni fa da Joel Grind dei Toxic Holocaust, un ragazzo fantastico. È un album bestiale, penso che molte persone si sorprenderanno nel sentirlo. È per me il migliore disco dei Cavalera Conspiracy, il mio preferito. Ha la stessa intensità ed energia del passato contenuta in album come “Beneath The Remains”e “Arise”. In molti saranno felici di sentirlo.
Diciamolo, nel leggere tali dichiarazioni, ogni metalhead, in particolare quelli “d’annata”, sono letteralmente sobbalzati sulla sedia. Il solo immaginare di poter ascoltare un disco in grado sfoggiare l’intensità e il tiro di lavori del calibro di “Beneath The Remains” e “Arise”, due tra gli album manifesto del genere, ha trasmesso puro entusiasmo tra gli appassionati. Certo, coloro che possono vantare lo status di leggenda della musica dura ci hanno ormai abituati a dichiarazioni roboanti per descrivere le proprie nuove opere. Ma, forse per una visione romantica, da certi nomi ci si aspetta coerenza e quindi, dopo tre lavori tutt’altro che memorabili, la pubblicazione di “Psychosis”, questo il titolo della quarta fatica griffata Cavalera Conspiracy, ha saputo trasmettere speranza.
Dopo le dovute introduzioni non rimane che addentrarci in “Psychosis” e scoprire se i Cavalera Conspiracy hanno saputo tenere fede alle dichiarazioni fatte. L’album si apre all’insegna della violenza con una serie di tracce in your face, in cui compare la già nota ‘Insane’. La produzione, forse la migliore fin qui avuta dalla band capitanata dai fratelli Cavalera, ne valorizza l’impatto. La botta c’è, quindi, ma le canzoni? Come sono? Purtroppo, bastano pochi ascolti per evidenziare come le composizioni risultino tutt’altro che ispirate, sfoggiando soluzioni trite e ritrite che poggiano su strutture semplici, peccando in dinamica in alcuni frangenti. Aspetto che si evidenzia quando i Cavalera Conspiracy puntano sulla velocità, dove la batteria risulta lineare e gli stessi riff di chitarra non riescono a essere efficaci come dovrebbero. Le composizioni tendono così a stancare presto, lasciando poco di sé ad ascolto finito, dando qualche sintomo di vitalità nei tempi medi che qualche “scapocciata” riescono comunque a farla fare all’ascoltatore. Aspetti, questi, che continuiamo a incontrare durante l’ascolto di “Psychosis” e che vengono amplificati nella parte centrale del disco, forse, la meno ispirata del lotto. A poco serve rispolverare quelle idee post-thrash che hanno caratterizzato la carriera di Max da un certo periodo in poi, il lavoro fatica a decollare. Giusto il tempo di segnalare la presenza di Justin Broadrick dei Godflesh in ‘Hellfire’ e ci troviamo proiettati nella fase finale dell’album. Ormai un po’ titubanti e con molto amaro in bocca iniziamo l’ascolto della title-track e di ‘Excruciating’, canzone posta in chiusura di disco. Qui i Nostri riescono a piazzare un vero e proprio colpo di coda, proponendo due canzoni convincenti dall’inizio alla fine. La title-track è una strumentale perfettamente legata alle tematiche trattate in “Psychosis”, riuscendo a trasmettere ansia, desolazione e solitudine. Aspetti che caratterizzano i testi dell’album, appunto. ‘Excruciating’ è un’altra traccia in your face, in linea con quanto proposto in apertura d’album, ma questa volta, pur non dicendo nulla di nuovo e pur non facendo gridare al miracolo, il songwriting sembra funzionare.
Come si può facilmente intuire da quest’analisi, purtroppo, anche con “Psychosis” i Cavalera Conspiracy non riescono a convincere. Guardando quanto fin qui prodotto dalla band, la domanda sulla reale utilità di questo progetto sorge spontanea. Gli album che i Cavalera Conspiracy hanno pubblicato dal 2008 a oggi, tra richiami ai Soulfly e il tentativo di riportare alla luce un passato che difficilmente può essere rievocato, non hanno portato nulla in più rispetto a quanto i singoli componenti abbiano già detto con le band in cui militano o hanno militato. Certo, si potrebbe spezzare una lancia a favore dei fratelli Cavalera dicendo che questo è il genere che Max e Iggor hanno sempre suonato e vogliono suonare, ma la qualità e l’ispirazione uscite dai quattro full length, e da “Psychosis” in particolare, viste le dichiarazioni riportate all’inizio, non possono essere accettabili da una formazione che può annoverare tra le proprie fila i fratelli Cavalera e il talentuoso Marc Rizzo. Chiudiamo con una considerazione: il destino ha voluto che nel 2017 venissero pubblicate le nuove fatiche di Sepultura e Cavalera Conspiracy, band in cui militano gli ex membri e fondatori dei Sepultura Max e Iggor Cavalera. Il confronto, sebbene agli occhi di qualcuno possa sembrare fuori luogo, è quantomai inevitabile. Se da un lato abbiamo una band che, persi i due membri fondatori, ha cercato di trovare una propria identità, intraprendendo un percorso complicato che ha portato alla realizzazione di un album di pregevole fattura, dall’altra troviamo una formazione in cui militano due tra le figure più amate nella musica dura, il cui prodotto sembra essere imprigionato dal pesante fardello rappresentato dal passato dei nomi coinvolti. Un lavoro che, come sottolineato in sede di analisi, presenta più ombre che luci. Un disco che, in questo ipotetico confronto tra Sepultura e Cavalera Conspiracy, per i motivi appena citati, ne esce sconfitto.
Marco Donè