Recensione: Psycon 9
Ecco una band che dà da pensare: gli Psycon 9, da Vincenza.
Quartetto inquieto e roboante di provata esperienza (ciascun musicista suona od ha suonato in più di un gruppo), si presenta con un album autoprodotto e dal titolo omonimo, distribuito da marzo di quest’anno.
‘Psycon 9’, come il pianeta dal nome simile di Maja di ‘Spazio 1999’ (primo episodio della seconda stagione), dà l’idea dell’ignoto, ma anche della trappola.
E’ un mondo denso, claustrofobico, a tratti folle e spettrale … violentemente letale, sconvolto da una furia Thrash con spirali Death che attraversa un sottofondo Dark distruttivamente opprimente.
Bisogna riconoscerlo: gli Psycon 9 riescono a far saltare gli schemi: un’ inquietante narrazione sottovoce come intro (‘Requiem (for the perpetual return)’), una strumentale dominata dalla corposità dei sintetizzatori (‘Perpetual Return’) come chiusura, in mezzo tante mazzate, delle quali solo la prima, ‘Armed To Survive’, segue relativamente la convenzione strofa – ritornello, esplodendo in un Thrash con intermezzi punk ruvido e maledetto, mentre gli altri quattro pezzi hanno una struttura prog – techno, continuamente cangiante ed anti conformista.
Caratteristica sonora degli Psycon 9, l’elemento che ne forgia la personalità, è una ritmica serratissima sparata a mille, resa ancora più compatta, ma anche ansiogena da un basso deciso ed una batteria martellante.
Colpisce anche la voce, terrorizzante e carica di un’insana follia, a tratti psichedelica ed ipnotica, a volte tragica …
‘Psycon 9’ è una buona miscela di stati d’animo: ferocia, follia e panico che s’intersecano uno nell’altro … 35 minuti circa durante i quali non si respira, dove tutto è disturbante, dove si cerca di fuggire ma non si riesce perché intorno a noi nulla e distinto e tutto è pesante.
Di contro, il voler acuire troppo alcune sensazioni porta a ripetizioni prolungate in modo quasi ossessivo (come nella Title Track od in ‘Martyrium’) ed il disturbo diventa disagio … si vuole che finiscano …
Si, forse perché si è voluto dire troppo, alcuni momenti diventano ostici.
Come debutto, però, va più che bene: si percepisce la somma di passione e professionalità attraverso un prodotto serio, curato e sofisticato dove si è cercato di non trascurare nulla. Questa band si presenta bene, mettendo in gioco addirittura un brano scritto 20 anni fa (‘The Twilight of Dawn’) attualizzandolo alla grande. Soprattutto corre un rischio: nel nostro pianeta, quello delle piattaforme digitali, l’impazienza porta a passare oltre se non si è soddisfatti entro i primi 30 secondi, mentre si comincia ad atterrare sul pianeta ‘Psycon 9’ al terzo, quarto ascolto e non è detto che, al quinto, non si percepisca ancora qualcosa di nuovo.
‘Psycon 9’ è stato prodotto dagli stessi Psycon 9 in collaborazione con Alessandro MEL Grandi, ingegnere del suono e chitarrista degli I Was Here.