Recensione: Purgatorio
Quando penso alla mia infanzia, uno dei ricordi a cui sono più legato è sicuramente la serie TV “Manimal”. Ve la ricordate? La serie incentrata sulla figura di Jonathan Chase, uomo in grado di trasformarsi in qualsiasi animale desideri e che decide di sfruttare il suo dono per combattere il crimine. Ho ancora la pelle d’oca quando penso alle sequenze che tramutavano Jonathan in pantera, soprattutto pensando agli effetti dell’epoca. Sarà forse per questo ricordo che ho sempre nutrito una certa simpatia e affetto per gli svedesi Manimal, quartetto di Göteborg dedito a un heavy-power melodico, che con “Purgatorio”, lavoro che ci apprestiamo a curare in queste righe, raggiungono il traguardo del terzo album in carriera, uscito lo scorso settembre via AFM Records.
Il terzo disco viene spesso considerato come la prova del nove per un musicista, così è con maggiore curiosità che ci apprestiamo a inserire il nuovo lavoro griffato Manimal nel lettore. “Purgatorio” è composto da nove tracce, per una durata di quaranta minuti abbondanti, caratterizzato da un suono curato, potente ed elegante, pronto a valorizzare ogni strumento, frutto dell’ottimo lavoro svolto in studio. “Purgatorio” prosegue il percorso iniziato con il precedente “Trapped in the Shadows”, mescolando partiture heavy in classico Judas Priest style, avvicinandosi spesso alla revisione made in Primal Fear, a componenti melodiche, di chiara derivazione power, che fanno spesso riferimento ai Kamelot epoca Roy Khan. Il lavoro si apre con dosi di metallo incandescente, grazie alla carica esplosiva di ‘Black Plague’, traccia caratterizzata da una ritmica e strofa di chiaro stampo Judas Priest, per poi aprirsi in un ritornello melodico, tipicamente power. Si continua alla grande con la melodica title track, singolo che ha anticipato l’uscita del disco e per cui è stato girato un video, uno degli assoluti highlight dell’album, che esibisce forse il lato più ispirato dei Manimal. Il disco continua su ottimi livelli con la successiva e Priest oriented ‘Manimalized’, toccando un’altra vetta con la cadenzata e melodica ‘Spreading the Dread’ con il cantante Samuel Nyman sugli scudi, pronto a sfoggiare dei passaggi in twang degni dell’Halford dei bei tempi. Proprio il singer svedese, come ben noto agli appassionati, è l’assoluta gemma della formazione di Göteborg, sia per le capacità tecniche, che per l’espressività con cui interpreta le linee vocali, riuscendo a trasmettere emozioni forti con ogni singola nota. Così, i primi quattro pezzi di “Purgatorio”, sebbene i Manimal non stiano inventando nulla di nuovo, non tradiscono le aspettative, regalandoci una band convinta nei propri mezzi e nel percorso intrapreso dai loro esordi a oggi, capace di mettere a segno un prodotto convincente. Immaginiamo quindi di trovarci al cospetto di un lavoro forse non innovativo ma sicuramente dotato di una buona qualità media. Purtroppo, però, già con la successiva ‘Traitor’ ci accorgiamo che dal disco iniziano ad affiorare i primi scricchiolii, rappresentanti da un songwriting leggermente meno ispirato rispetto ai pezzi precedenti, con una traccia che risulta scontata e meno adrenalinica. Sensazione che viene confermata con il proseguo dell’ascolto, come se i Nostri perdessero un po’ di quella istintività che avevano fin qui mostrato, mettendo a segno canzoni sicuramente ben strutturate ma senza quel qualcosa in più, non riuscendo a tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore. I Manimal provano a piazzare un colpo di coda nel finale, grazie alla bella ‘Edge of Darkness’, uno dei punti più elevati di “Purgatorio”, dove lo spettro dei Kamelot aleggia in tutta la durata della traccia, in particolare nel ritornello, e con l’altalenante ‘The Fear Within’, posta in chiusura, che regala passaggi di spessore ad altri più scontati. Forse troppo poco e troppo tardi, le ombre presenti nella parte centrale della terza fatica dei Manimal abbassano purtroppo le quotazioni finali.
“Purgatorio” si rivela così un disco altalenante, in cui troviamo dei capitoli sicuramente ben realizzati, capaci di lasciare un segno tangibile nell’ascoltatore, intervallati da altri più scontati e meno ispirati. Aspetto che ha purtroppo accompagnato i Manimal fin dai loro esordi, dimostrando come la compagine di Göteborg possa vantare un grande potenziale, che al momento viene però espresso solamente a sprazzi. Se i Nostri riuscissero a dare libero sfogo a tutto il proprio estro, a tutte le capacità di cui sono dotati, potendo contare su un cantante di valore come il già citato Samuel Nyman, il futuro potrebbe prendere una piega estremamente interessante. Come evidenziato, però, al momento i Manimal sono una band che non riesce ancora a esprimere tutto il proprio potenziale, mettendo a segno un disco che saprà regalare qualche momento degno di nota, ma che difficilmente potrà ambire a imporsi sul “mercato”, risultando indirizzato esclusivamente agli “assolutisti” di power e affini. Ci salutiamo con la speranza di poter parlare tra non molto tempo dei Manimal in ben altri termini, potendo magari dire «ve l’avevamo detto che il potenziale c’era…».
Marco Donè