Recensione: Purgatory Afterglow

Di Federico Reale - 29 Luglio 2012 - 0:00
Purgatory Afterglow

“Purgatory Afterglow”. Le ultime luci del purgatorio. È questo il titolo del quarto album degli Edge Of Sanity, ed effettivamente non poteva chiamarsi in maniera più appropriata: è con questo lavoro, infatti, che Dan Swanö e soci escono dal limbo delle comuni death metal band svedesi per erigersi al ruolo di autorità assoluta nell’Olimpo della musica estrema. Le melodie di “The Spectral Sorrows” vengono rese ancora più varie, tanto da manifestare uno degli album più eclettici, violenti, in un certo senso anche orecchiabili degli Edge Of Sanity e, più in generale, uno dei capostipiti del death melodico.

Le danze sono aperte da “Twilight”, che ci depista inizialmente con una sonnolenta e psichedelica intro, per poi esplodere in una furia bestiale coronata da riff assassini e al tempo stesso assai melodici ma, soprattutto, da un Dan Swanö piacevolmente in netta e costante crescita, che qui si dimostra eccellente sia con il growl che con il cantato pulito. Dopo un altro stacco atmosferico riparte il vortice di chitarre affilate come motoseghe fino all’emozionante finale. Come già detto poco fa, è la varietà di quest’album a renderlo così entusiasmante: si può infatti vedere come gli Edge Of Sanity spazino da un certo tipo di black melodico tipico dei Dissection nei ritmi forsennati di “Of Darksome Origin” all’heavy/power della scatenata “Black Tears”, uno degli episodi più riusciti di “Purgatory Afterglow”, fino ad arrivare anche all’hard rock con “Blood-Colored” che, se non fosse per le parti in growl, sarebbe potuta diventare addirittura un singolo molto catchy grazie al suo ritmo irresistibile.
Ma non dimentichiamoci che, comunque, si tratta un album death metal, e a ricordarcelo ci pensa un titano come “Silent”, dotato in ogni caso di un certo retrogusto speed, o la potenza di “Elegy”, paragonabile a un pugno sferrato alla bocca dello stomaco, o ancora la rabbia incontrollata di “Velvet Dreams”, perfetto esempio dello stile degli Edge Of Sanity. Un mix perfettamente bilanciato di grandi melodie e ira distruttiva, in qualche modo anche velato di malinconia, e mentre la band sciorina riff su riff, Swanö ci descrive scenari angosciosi e opprimenti, urlando uno dei migliori testi che abbia mai scritto.
Agli ultimi tre posti ci sono le composizioni più violente: in “Enter Chaos” e “The Sinner And The Sadness” sembrano non esserci più la ricercatezza e il gusto melodico che tanto avevano caratterizzato gli altri pezzi, per essere rimpiazzati da una violenza ancora più devastante, mentre l’ultima “Song Of Sirens” riprende addirittura quanto insegnato dai Pantera agli inizi della decade.

Cos’altro c’è da dire su un disco del genere? Sicuramente non si può fare a meno di rimarcare per l’ennesima volta, a costo di essere ripetitivi, che incarna un incrocio perfetto di melodia e aggressione; costituendo così, oltre che uno dei più grandi classici del death svedese, un possibile inizio per chi non è ancora avvezzo a certe sonorità brutali ma interessato ad avvicinarcisi. Le vette di eccellenza di “Crimson” non sono ancora state raggiunte, ma manca veramente pochissimo.
Imprescindibile.

Federico “Federico95” Reale

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Tracce:
1. Twilight 7:51       
2. Of Darksome Origin 5:02       
3. Blood-Colored 4:00       
4. Silent 5:05       
5. Black Tears 3:15       
6. Elegy 3:57       
7. Velvet Dreams 7:10       
8. Enter Chaos 2:24       
9. The Sinner And The Sadness 3:06       
10. Song Of Sirens 2:33       

Durata 44 min.

Formazione:
Dan Swanö – Voce/Chitarra/Tastiere
Dread – Chitarra/Voce
Sami Nerberg – Chitarra
Anders Lindberg – Basso
Benny Larsson – Batteria