Recensione: Purification
Album di debutto per i danesi Anubis Gate, band formata da musicisti con già parecchia esperienza alle spalle a livello underground.
Questo “Purification” è un concept album che narra una storia basata per l’appunto sul dio egizio Anubi, storia piuttosto banale e scontata, visto che il tutto ruota attorno ai soliti cliché con demoni vari.
Musicalmente il combo danese è influenzato da un certo Metal made in USA, Savatage su tutti, nonché dal Power Metal europeo, in particolar modo si sentono a mio parere influenze piuttosto forti da parte degli Stratovarious; la loro proposta musicale è tutta giocata su ritmi piuttosto lenti che vorrebbero probabilmente essere lenti ed evocativi, ma che sfortunatamente sono solo noiosi e poco originali.
L’apertura è affidata, dopo una breve intro a titolo “Hall of Two Truths”, a “Downward Spiral”, canzone di chiara matrice Savatage, senza però quella genialità che da sempre contraddistingue il gruppo della Florida.
Purtroppo tutto il disco è un susseguirsi di canzoni sì piacevoli, ma anche di una banalità davvero sconcertante, le uniche eccezioni sono rappresentate da “Hypernosis”, aperta da un arpeggio già sentito mille volte ma dotata di un certo flavour metal anni ’80 che la rende quantomeno piacevole, “I, Demon”, abbastanza potente e con qualche buona trovata a livello ritmico che riesce in qualche modo a rendere interessante l’ascolto, e “Discrowned”, che nel suo interno ha qualche riff decisamente azzeccato, peccato che quasi otto minuti siano davvero troppi, questre sono le uniche tre canzoni, sulle 10 presenti nel cd, che ho trovato anche solo minimamente interessanti, il resto è tutta musica già sentita e risentita diecimila volte, per di più senza un minimo di personalità.
I suoni sono, come purtroppo capita sempre più spesso, fin troppo perfetti e puliti, col risultato che tutto il cd suona piuttosto freddo e assolutamente privo di potenza, andando ad intaccare anche quel minimo di potenziale che poteva avere questo “Purification”.
Tecnicamente il gruppo è decisamente preparato, anche se pure in questo campo i difetti non mancano, a partire dalla voce di Thorben Askholm, sicuramente piacevole e ben impostata ma assolutamente priva di personalità e grinta, passando dalla chitarra di Jesper M. Jensen ( che si occupa anche del basso e dei sintetizzatori), che pur essendo tutto sommato apprezzabile in fase ritmica è praticamente inesistente i quella solista, infatti credo che in tutto il disco non ci siano più di un paio di assoli.
In definitiva posso solo dire che ho trovato l’esordio degli Anubis Gate incredibilmente prevedibile e noioso, senza un briciolo di personalità, forse i “die hard” fans del Power più canonico potrebbero trovare degli spunti interessanti, ma credo che anche in quel caso la ricerca di qualcosa per cui valga la pena di spendere i propri euro sarebbe dura.