Recensione: Purified Through Devastation
Provenienti dagli States, gli Against The Plague rappresentano una delle migliori soluzioni in materia metal estremo; quand’esso possiede nel proprio DNA un’irresistibile vocazione per la modernità e l’aire evoluzionistico.
Per sgomberare subito il campo dagli equivoci, è bene specificare che “Purified Through Devastation”, terzo album in carriera dei Nostri, non appartiene al cosiddetto ramo del prog-death, poiché identifica con precisione il death metal e basta. Sicuramente incrociato con il black, ma riconducibile unicamente al death stesso.
Il five-pieces di Chicago è tuttavia talentuoso, nel riuscire a disegnare uno stile tutto suo. Certo, non mancano i riferimenti incrociati a una moltitudine di elementi eterogenei fra loro, che peraltro rispecchiano in tutto e per tutto le più avanzate sonorità in materia. Fatto è che, però, il sound del quintetto è una vera bombardata sui denti. Duro, possente, brutale. Aggressivo, velocissimo, letale. Come il più tradizionale dei death metal. Dal quale attinge a piene mani per miscelare un composto esplosivo, agglomerato, anche, da visionari inserimenti delle tastiere. Assai riusciti, in un contesto così oltranzista come quello praticato dalla band dell’Illinois.
La stentorea voce di Shaun Albro si erge con abilità e mestiere sopra il muraglione di suono eretto dai suoi compagni d’avventura. Un growling non particolarmente ringhioso, ma probabilmente il migliore, per un sound complessivo dirompente (“Praetorian Icon”). Albro capace di districarsi altrettanto bene con lo screaming (“Theokratia”), anche in questo caso non eccedendo oltre i limiti della comprensibilità. Le chitarre di Jon Corston e Aaron Covarrubias svolgono un compito egregio, segando a volte le ossa, spesso sviluppando laceranti soli dal sapore un po’ retrò. Una sezione ritmica impeccabile, forgiata dai furibondi blast-beats di Varyen Chylinski, chiude la quadra di una formazione equilibrata nei suoi membri nonché ben amalgamata.
Il valore aggiunto al tutto, come più sopra accennato, è il tocco allucinato fornito dalle tastiere, tale da ammantare il mood del platter da quel sentore futurista che, al momento, riesce a donare al death metal (“Terrorform”) una manata evoluzionistica tale da liberarlo un po’ dalla mera ortodossia. Un pizzico di ambient da terrorismo (“Falling Further”), inoltre, aiuta a inquadrare le coordinate spazio-temporali ove collocare “Purified Through Devastation”.
Prova dell’abilità degli Against The Plague nell’aver azzeccato la formula migliore per mettere su disco le loro idee è “Enblightened”, pesantissima scudisciata sulla schiena. Trance da iper-speed, dissonanze, rabbiose accelerazioni, subitanee decelerazioni, umore tetro, oscuro, minaccioso. C’è tutto, in questa song, della concezione musicale dell’ensemble statunitense.
“Enblightened” ma non solo, poiché è tutto “Purified Through Devastation” ad essere assestato su livelli qualitativi più che buoni, da “Man’s Modern World” a “Enemy Herein”; senza mostrare mai la corda, senza mai calare di tensione.
Daniele D’Adamo