Recensione: Pursuit Of Honor
Quando, nei primi anni ‘80, gente come i Queensrÿche (“Queen Of The Reich”, 1982, EP “Queensrÿche”), gli Armored Saint (“Lesson Well Learned”, 1982, AA.VV. “Metal Massacre 2”), gli Omen (“Torture Me”, 1984, AA.VV. “Metal Massacre V”) e i Fates Warning (“Soldier Boy”, 1984, AA.VV. “Metal Massacre V”) trasformarono l’allora heavy metal nel ben più possente power metal (poi denominato U.S. Power per distinguerlo dal power melodico tipo Helloween), nessuno avrebbe profetizzato che, trent’anni più tardi, quest’ultimo genere non solo sarebbe sopravvissuto alle sabbie del tempo, ma avrebbe anzi fatto da musa ispiratrice per parecchi gruppi del nuovo millennio.
Gruppi come gli statunitensi (ovviamente) Battlecross che, pur essendo nati ‘soltanto’ nel 2003, hanno forgiato il metallo dello zoccolo duro del loro stile a immagine e somiglianza dei Padri dell’U.S. Power; imbastendo, su di esso, una fitta ramificazione dal D.N.A. impregnato di thrash e, anche – seppur in misura minore – di death.
Dopo il classico demo d’apertura del 2005, i Nostri incidono il disco di debutto (“Push Pull Destroy”, 2010), prima di stringere le mani sul contratto con la Metal Blade Records (guarda caso, l’etichetta discografica che diventò leggenda grazie, proprio, alle compilation della serie “Metal Massacre”), per dare alle stampe il nuovo album: “Pursuit Of Honor”. Registrato, missato e masterizzato presso i Random Awesome Recording Studio di Bay City (U.S.A., Michigan), con la produzione degli stessi Battlecross e di Josh Schroeder.
Un album tosto, dal suono massiccio e corposo, in grado di costruire l’ideale ponte fra presente e passato. Pur presentando un forte sapore vintage, infatti, il platter s’accompagna a un sound moderno, perfettamente in linea con i tempi. Tale operazione non sempre riesce ai vari act che si addentrano nell’impresa, ma i Battlecross ci riescono in virtù di un songwriting fresco e attuale, coniugato a un evidente retroterra culturale. Fra i vari membri è forse Kyle “Gumby” Gunther quello a manifestare con evidenza questa caratteristica, unendo il cantato stentoreo tipico del thrash alle harsh vocals più evolute dei generi *-core. Anche la sezione ritmica composta da Don Slater al basso e Mike Kreger alla batteria si mostra a suo agio nel saltare avanti e indietro nel tunnel del tempo, passando dai sempiterni quattro quarti a razzo ai micidiali breakdown di matrice deathcore (“Breaking You”). Maggiormente ancorato al passato e all’interpretazione classica, invece, il lavoro della coppia d’ascia Tony Asta/Hiran Deraniyagala; autrice di un buon lavoro sia in fase ritmica, sia in occasione delle parti soliste.
Buono, anche, l’impianto delle canzoni, delimitato dai due strumentali/ambient “Pursuit Of Honor” (intro) e “Forshadowing” (outro). Seppur mancante del capolavoro, “Pursuit Of Honor” mostra una notevole varietà fra i brani, nel rispetto dello stile dettato dall’ensemble di Canton. Stile che, sin da “Push Pull Destroy”, evidenzia la propria versatilità nel giocare a una sorta di Iron Maiden accelerati (“Man Of Stone”) oppure nello scatenare bordate thrash (“Deception”). In evidenza, pure, la rilevante vena melodica posseduta dai cinque, che tratteggia con efficacia le linee armoniche, per esempio, di “Kaleb”. Cinque anche bravi, se serve, a usare una robusta dose di tecnica (“Rupture”, “Better Off Dead”), i mid-tempo spacca-ossa (“Leech”) e l’accoppiata scudiscio/stiletto per affondare i colpi (“Misery”).
In conclusione, “Pursuit Of Honor” è il tipico (ma non comune) lavoro adatto a tutti: sia ai cultori dei generi del terzo millennio come il metalcore, sia a quelli delle sonorità degli intramontabili anni ottanta. Un’impresa non facile, appunto, per via delle numerose influenze in gioco e delle relative differenze tipologiche. I Battlecross, senza complicarsi troppo la vita, ci sono riusciti. Buon per loro e per chi acquisterà il CD!
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Pursuit Of Honor 0:37
2. Push Pull Destroy 3:35
3. Kaleb 3:39
4. Deception 3:28
5. Man Of Stone 3:47
6. Breaking You 3:55
7. Rupture 3:49
8. Leech 2:46
9. Better Off Dead 4:10
10. Misery 4:49
11. Forshadowing 1:41
All tracks 36 min.
Line-up:
Kyle “Gumby” Gunther – Vocals
Tony Asta – Guitar
Hiran Deraniyagala – Guitar
Don Slater – Bass
Mike Kreger – Drums