Recensione: Quantum Leap

Di Damiano Fiamin - 23 Agosto 2012 - 0:00
Quantum Leap
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Genere:
Anno: 2011
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73

Non lasciatevi ingannare dal nome italianeggiante: i Persona Non Grata non hanno nulla a che fare con il nostro paese, ma vengono fondati in Grecia da Ioannidis e Gatsos, quelli che diventereanno il tastierista e il chitarrista della band. Attivo dal 2003, il combo ha già composto un full length, “Shade In The Light”, ma in questo nuovo capitolo c’è un cambiamento alla voce: non riuscendo a conciliare i propri impegni con quelli della band, il precedente cantante ha dovuto cedere il passo ad Aris Pirris, che ha così potuto dare il suo contributo alla nascita di Quantum Leap.
Il quintetto greco propone un progressive metal melodico influenzato da band come Dream Theater, Circus Maximus e i primi Pain of Salvation. Il debutto discografico era stato accolto con favore dal pubblico, creando quindi una certa aspettativa per questa seconda uscita.

L’incipit aggressivo di Imaginative Mind, fatto da basso in primo piano e chitarre massicce, ci porta rapidamente dentro un brano a due velocità, caratterizzato da episodi eterei e sognanti che si affiancano a momenti più intensi e dal carattere più deciso. Un buon avvio che però si protrae eccessivamente a lungo e ha una sgradevole tendenza a distorcere eccessivamente le tonalità più alte. I riff granitici che aprono Lend Me A Hand traggono in inganno l’ascoltatore, che si attende più un brano corposo diverso dal precedente e insistono nell’adornarlo con frequenti e decisi cambi di ritmo. In realtà i greci continuano a insistere sull’abbondanza di melodie, insaporite da stacchi repentini e accelerazioni improvvise.
La sensazione di sapere già dove si andrà a parare ci coglie appena le prime note di Evil Feelings cominciano a uscire dalle casse del nostro stereo. In realtà, la canzone si sviluppo in maniera cupa e malinconica, con delle punte opprimenti e viscose che, sebbene non brillino certo per originalità, riescono almeno a variare la proposta musicale del quintetto, anche grazie a una parte strumentale mediana decisamente orecchiabile. 9 AM News si appaia alla traccia precedente, ricalcandone in parte le scelte compositive e ampliandone le possibilità espressive grazie all’introduzione di crescendo ritmici tanto intensi quanto brevi, delle cavalcate rapidissime ma simili a piccole esplosioni che scuotono l’ascoltatore e permettono di affrontare di buon grado un disco che cominciava a mostrare qualche segno di tentennamento.
È un incipit triste e melodico quello che introduce Redemption Of Sins, adatto a un brano solenne in grado di penetrare a fondo, incupendo l’animo e lasciandolo impreparato quando arriva il momento di accogliere l’arrivo di Captive, la canzone più lenta e armoniosa dell’intera produzione. Si tratta di una morbida ballata ad alto contenuto emotivo che forse abusa eccessivamente di arpeggi e soluzioni accattivanti, con il risultato di apparire fin troppo scontata. Grief è un gioco di scatole cinesi in cui, andando in profondità e scorrendo lungo le metamorfosi ritmiche che compongono l’intelaiatura portante del pezzo, si scoprono sempre nuovi e interessanti passaggi, in un amalgama ben dosata che riesce a non risultare mai eccessiva, pur riproponendo frammenti di fraseggi e auto-citandosi in maniera compiaciuta.
Diversity si lascia ascoltare, pur non riuscendo ad aggiungere o togliere assolutamente nulla a quanto sentito sino a questo momento: si tratta di una traccia trascurabile che può essere consegnata senza remore all’oblio, un passo falso che, tutto sommato, non pregiudica gravemente il quadro complessivo. Avvicinandosi alla parte finale del disco ci si imbatte negli assoli di chitarra avvolgenti di Inertia e dai suoi crescendo epici che, nonostante offra delle melodie un po’ “trite”, offre un buon ponte verso il dittico di chiusura, che inizia con la scoperta delle piccole ma sostanziali differenze tra i suoi ultimi due titoli. Journey Ends è un breve e piacevole strumentale, quasi un omaggio ai Dream Theater, con la tastiera di Ioannidis in grande spolvero e la lunga ombra di Jordan Rudess che incombe sull’intera esecuzione. L’avventura termina con Journey’s End, un concentrato di tutto quello che i cinque greci sono in grado di tirare fuori: una carrellata riepilogativa di quanto già sentito, sia dal punto di vista della struttura del brano, con l’ormai caratteristica alternanza tra momenti rarefatti e ad alto impatto emozionale sia con gli episodi spediti e lanciati, più aggressivi. Questi titoli di coda scorrono piacevolmente, rallentando e rarefandosi con il passare dei minuti, sino ad arrivare allo sfumato finale, sigillo definitivo che segnala l’ultimo respiro del disco.

Raccogliendo le idee e sintetizzando quanto emerso durante l’ascolto di Quantum Leap si può dire di avere tra le mani un buon disco, suonato da musicisti competenti e prodotto in maniera soddisfacente. D’altro canto, non si può fare a meno di evidenziare come ci sia una tendenza alla ripetizione fin troppo frequente dell’intelaiatura compositiva di base che, alla lunga, risulta fin troppo stantia. Le idee contenute nell’album sono buone ed è un peccato svilirle con uno sviluppo banale. Nonostante tutto, il piatto della bilancia in cui vengono inseriti gli aspetti positivi della produzione è sicuramente più pesante di quello in cui sono conteggiati i difetti; la seconda fatica del quintetto greco potrà pertanto soddisfare il palato di tutti coloro che amano un prog metal pulito e melodico, seppur non eccessivamente sperimentale. Il consiglio per chi è alla ricerca del capolavoro dell’anno, è invece quello di aspettare.

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracce:
01. Imaginative Mind – 5:42
02. Lend Me A Hand – 5:13
03. Evil Feelings – 6:08
04. 9 AM News – 7:04
05. Redemption Of Sins – 5:50
06. Captive – 4:35
07. Grief – 5:30
08. Diversity – 5:40
09. Inertia – 4:54
10. Journey Ends – 1:31
11. Journey’s End – 5:07

Formazione
Aris Pirris- Voce
Akis Gavalas- Batteria
Chris Vogiatzis- Basso
Chris Gatsos- Chitarra
John Ioannidis- Tastiera

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