Recensione: Questa non è l’America
“Mi dai la medicina, ma non so se guarirò
Perché l’adrenalina che mi da questo fottuto rock”
Dov’è che un cantante sardo e quattro musicisti campani decidono di formare un gruppo Rock? Al Whisky A Go Go di Los Angeles … dove se no?
A raccontarla sembra una favoletta, come il barista e la cameriera del Bourbon Room che diventano Rockstar nel film ‘Rock of Ages’, ma qui è tutto vero e concreto. E’ a ben 6.300 Km e fischia da casa che questi ragazzi s’incontrano nel 2020 e capiscono di avere un feeling’ particolare, di parlare praticamente la stessa lingua. E’ un attimo … la decisione è presa: nasce La Faida, solido gruppo Hard Rock che neanche la lontananza, obbligata dalla pandemia, è riuscita a fermare.
Nel gravoso periodo di fermo globale gli artisti si sentono, restano fedeli alla loro idea, scrivono pezzi e soprattutto, come tanti altri, non mollano. Dimostrano la loro forza e quando, finalmente, tutto si normalizza, rientrano in campo.
A dicembre 2021 aprono i concerti di Strana Officina nelle tappe del loro tour a Roma, Napoli e Matera e poi, il 25 febbraio 2022 pubblicano ‘Malamore’, il singolo di debutto che viene distribuito da Universal Music Italia.
Ora è la volta di ‘Questa non è l’America’, il primo album composto da nove canzoni, prodotto da Pietro Foresti (premio Best Rock Producer 2016) e distribuito in tutti gli store digitali sempre da Universal Music Italia.
La Faida suona un Hard Rock robusto e tremendamente vivo, che prende influenza dal movimento americano di fine anni ’70 – anni ’80 portandolo ai giorni nostri, ma mettendoci dentro anche tanta ‘italianità’, tipo i primi lavori di Gianna Nannini, per fare un esempio (mi riferisco a pezzi selvaggi tipo ‘America’ o ‘Vieni Ragazzo’), che è poi la parte che meglio sviluppa la personalità di questi artisti.
La Faida ci fa ricordare il motivo per cui è nato il Rock, sfogo ed evidenza della voglia di ribellarsi contro il piattume del sistema, del voler abbattere i pregiudizi, fin dai tempi in cui Elvis Presley dimenava il bacino scuotendo un’America dormiente e bacchettona (oggi, anche attraverso l’ultimo film, se ne esalta più che altro l’aspetto sensuale, che sicuramente c’era, ma si trascura il vero messaggio rappresentato dal gesto: il voler uscire dagli schemi).
La Faida sta dalla parte dei diversi, degli emarginati, degli oppressi e ne tira fuori il carattere … La Faida è ribellione e voglia di libertà e lo dimostra prima di tutto cantando in italiano, in modo che tutti noi possiamo comprendere e poi attraverso brani quali ‘Anima Meridionale’, con il quale rivendicano a viva forza le loro origini e la loro cultura, o ‘Welcome (benvenuti nel mio Freakshow)’, che si lancia contro il modo superficiale con cui oggi vengono apprezzati gli artisti, sempre di più paragonabili a dei ‘prodotti’ in balia della moda del momento, od ancora con la più introspettiva ‘Strade Diverse’, ballad dai toni duri che evidenzia quanto non sia giusto che uno cambi la sua indole.
La Faida è lotta senza quartiere, ce la racconta attraverso una metafora, paragonando i grandi calciatori Riva e Maradona a due guerrieri che si sono fatti portavoce del popolo che rappresentavano.
La Faida è soprattutto musica, tanta musica, di quella solida, ficcante ed esplosiva, come riassume ‘Sul Palco’, il pezzo che chiude l’album identificando inequivocabilmente la loro attitudine.
‘Questa non è l’America’ sviluppa un Hard Rock dai tratti mitici ma anche moderno, con alcuni tagli di chitarra che rimandano agli AC/DC, ma altri che pescano dall’alternative ed ai quali si sommano interludi dall’anima punk od al limite del rap. Ritmiche compatte, riff ed assoli che tagliano in due ed un cantato che ricorda la profondità di Ligabue, ma un Ligabue che ha appena ricevuto una cartella da Equitalia, molto, ma molto più incazzato … arrivando anche ad avere atteggiamenti sprezzanti e prepotenti. Non per tonalità, ma per carattere, mi è venuto in mente anche Steven Tayler, l’iconico frontman degli Aerosmith.
E’ un album che racconta quello che siamo (non siamo l’America, appunto!) e lo fa con sincerità ed onestà, senza nascondersi dietro paraventi e ben consapevole che, se nel nostro Paese si vuole fare strada, è meglio essere apparenti e cantare di cose inutili (magari con l’auto-tune), poi il saper suonare è secondario. Ma La Faida, cavolo se suona … mai incontro fu più azzeccato.
‘Questa non è l’America’ e stato arrangiato da La Faida e Vincenzo ‘Jack’ Giacalone, prodotto da Pietro Foresti, registrato da Pietro Foresti e Matteo Agosti presso i Frequenze Studio di Monza e mixato e masterizzato da Matteo Agosti.