Recensione: Quintessence
Quarto album per i Borknagar questo Quintessence, un album che si piazza subito dopo lo splendido the Archaic Curse, forse la cosa migliore fatta vedere dalla band norvegese finora, e per questo destinato ad esservi paragonato per vedere se gli scandinavi sono riusciti a tenere alto il nome che si erano fatti.
Diciamo subito che purtroppo questo album non è stato del tutto all’altezza delle aspettative.
Più che una successiva evoluzione dello stile compositivo e del sound della band scandinava, questo Quintessence mi è piuttosto parso un mezzo passo indietro.
Il precedente The Archaic Curse si era instradato verso lo sviluppo di un sound originale e personale con un mix sapiente e particolare di voce pulita e growl, black, epic, death e metal classico, inoltre diciamo che non sono tanti i gruppi metal a usare l’hammond come hanno fatto i Borknagar su Ad Noctum. Era logico per me aspettarsi che con questo disco i norvegesi facessero un ulteriore passo in quella direzione, al contrario invece sono tornati più su sentieri già battuti in precedenza e non solo da loro.
Intendiamoci, le composizioni sono anche più elaborate e complesse che in passato, per questo forse sono quindi necessari più ascolti per capire del tutto il disco, ma si tratta spesso di un black metal sinfonico piuttosto classico e canonico. Le capacità compositive e tecniche dei membri della band non si discutono e fanno si che questo album pur non brillando di luce propria, sia comunque al di sopra della media, ma manca quel pizzico di originalità e di voglia di osare che invece faceva grande il precedente The Archaic Curse.
La maggior parte dei brani si instrada su un black metal sinfonico piuttosto canonico, al punto da portare alla mente diverse analogie con i Dimmu Borgir di Spiritual Black Dimension. Forse non è neanche un caso che proprio Vortex, cantante dei Borknagar su questo album, sia poi passato in pianta stabile proprio ai Borgir e che abbia cantato su entrambi i dischi.
Bisogna anche sottolineare che Vortex in questa occasione sembra non essere molto in forma e le parti di cantato pulito che sono sempre state un po’ la sua forza, su questo Quintessence sono un po’ meno convincenti del solito.
A risollevare le sorti dell’album come si diceva prima vengono in aiuto la bravura dei musicisti e le doti compositive di Brun che riesce a far suonare questo album mai banale e a non annoiare. I migliori Borknagar vengono fuori però solo a sprazzi con canzoni come The Presence is Ominous, una song decisamente epica, Colossus, in cui gli intrecci delle chitarre mi fanno spesso venire la pelle d’oca e la conclusiva Revolt, song più riflessiva rispetto alle altre.
Si tratta però come si diceva di sprazzi che ci regalano i veri Borknagar e ci fanno davvero sentire quello che questo norvegesi sono capaci di fare quando vogliono, mentre il resto dell’album purtroppo si assesta su un classico e forse anche un po’ abusato black sinfonico.
In conclusione un album con luci e ombre che probabilmente non aggiungerà nulla alla discografia dei Borknagar, i quali ci hanno dimostrato di saper fare molto meglio. Un disco che comunque non annoia, che ha in ogni caso diverse frecce al proprio arco con alcune canzoni molto belle, e che risulterà essere un acquisto azzeccato per tutti i fan e i cultori del black metal sinfonico.
Tracklist:
01 Rivalry of Phantoms
02 The Presence is Ominous
03 The Ruins of Future
04 Colossus
05 Inner Landscape
06 Invincible
07 Icon Dreams
08 Genesis Torn
09 Embers
10 Revolt
Alex “Engash-Krul” Calvi