Recensione: R.I.B.

Di Nicola Furlan - 30 Dicembre 2014 - 19:13
R.I.B.
Band: Tankard
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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80

“R.I.B.”, disco thrash dell’anno? Per quanto mi riguarda, sì!
Questo è stato un grande anno per il thrash metal. Grandi band hanno pubblicato grandi dischi. Gruppi underground hanno pubblicato grandi dischi. Band emergenti hanno stupito con altrettanti valide release. Tra i Big val la pena citare mostri sacri come Overkill, Exodus, Mekong Delta, Machine Head. L’underground, più o meno storico, ha visto brillare band come Hirax, E-Force, Hatriot e Prong, mentre, ad esempio, Ultra-Violence, AntiClockWise, Dust Bolt e Chronosphere possono di certo rappresentare il futuro del genere stesso. Tra le non citate mancano sicuramente i Tankard che con “R.I.B.” hanno centrato un mezzo capolavoro come non se ne sentiva da tempo immemore.
“R.I.B.” presenta all’ascoltatore un lotto di dieci brani incredibilmente unici per melodia, passione ed attitudine. “R.I.B.” introduce il pubblico nella stanza delle idee di un gruppo all’apice della sua maturazione, sebbene non ci siano più dei ragazzini dietro agli strumenti. Sembra eccessiva l’affermazione? No di certo se pensiamo che “Thirst” (2008), a “Vol(l)ume 14” uscito due anni dopo e ad “A Girl Called Cerveza” del 2012, “R.I.B.” propone schemi completamente rinnovati, sia a livello di songwriting, sia a livello di parco suoni. Ma andiamo per gradi.
Il quartetto di Frankfurt am Main dà vita ad un disco ricco di melodia, ricamato da sezioni soliste azzeccatissime (Andy dieci e lode) e da ritmiche che oscillano tra il sostenuto da puro headbanging e il cadenzato da smorfia soddisfatta comprensiva di brindisi al ‘malto frizzante’. C’è anche il tempo per ‘Hope Can’t Die’, brano sensibile, dal testo profondo, racchiuso da un’aurea malinconica e meditativa, probabile omaggio ad un amico scomparso. Una cosa a cui i Tankard non ci avevano mai abituati, ma che, in definitiva, risulta l’essenziale nel rendere il disco ancora più esclusivo. Tante poi le gemme puramente thrash metal incastonate in questa tracklist di dieci brani. Si provi ad ascoltare ‘Fooled by Your Guts’, ‘Breakfast for Champions’, ‘Clockwise to Deadline’: un thrash sostenuto da devastanti apporti ritmici e da un cantato graffiante ed immortale di un Herr Geremia mai così convincente come ora. E c’è anche spazio per brani dal flavour heavy-speed. ‘Riders of the Doom’ sembra uscito direttamente dal polveroso baule del classico e splendido metal sound tedesco degli anni Ottanta. Insomma: ce sta un po’ de tutto!
Favolosa la produzione. Il disco vibra brillantemente, ma senza esser patinato come in uso frequente ai giorni nostri. Il thrash di “R.I.B.” si esprime tagliente e grezzo al punto giusto, fervido ed acceso tanto da suonare brillante e frizzante all’orecchio. Un sound che riesce ad enfatizzare al meglio le idee sviluppate in sala prove.
Sono certo di non esser stato l’unico a ritenere che i Tankard avesso davvero perso l’istinto di goliardici fancazzari puzzolenti beoni in grado di divertire ed allietare tanto su disco, quanto dal vivo. L’età avanza e spesso si ritiene che (oramai) i dischi di band così vecchiotte escano solo con lo scopo di raccimolare quattro solidi per arrotondare lo stipendio. Quando è bello ammettere di essersi sbagliati!

Nicola Furlan

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