Recensione: Rabbits’ Hill pt.2
Tutto il mondo sarà il tuo nemico, o principe dai mille nemici, e come ti prenderanno ti uccideranno. Però prima dovranno prenderti e tu hai buone zampe e buone orecchie e sopratutto rapidi riflessi…
Allucinazioni. Presagi. Buche ovunque. Conigli. Strane creature quelle. E’ un attimo che i loro occhi si tingono di un rosso minaccioso a fissarti illeggibili mentre la luna è piena in una notte agitata da nuvole irrequiete. La copertina ti ipnotizza e vorresti uscirne, ma ti ritrovi in un racconto che ha avuto inizio in una premonizione.
L’incipit della storia è infatti l’allucinazione precognitiva di Quintilio, un coniglio piuttosto giovane e minuto, che sente minacciata la propria casa. Con lui altri undici s’incamminano verso il proprio destino. Il destino in realtà ha forma di collina e la nostra storia coincide con quella del libro di Richard Adams intitolato “Watership Down” o riletto all’italiana “La collina dei conigli” del 1972. Cosa succederà su quella collina? Di visioni non si sopravvive, servono le conigliette e non quelle del capitano Hefner. Roba più paffutta. Non sempre però innocua. Così i nostri pelosi amici daranno battaglia alle truppe del generale Vulneraria (interpretato nel disco da Tim “Ripper” Owens), quello della collina avversaria denominata Refrafa. Per mille carote se sarà battaglia! Fermiamoci qui, molto meglio.
…Perciò sia astuto, inventa trucchi e stratagemmi, e il tuo popolo mai sarà distrutto, mai sarà sterminato.
Il quarto disco dei Trick or Treat prosegue il racconto interrotto nel 2012. La band modenese è sempre la stessa? Non proprio. Perde il chitarrista Luca Cabri che ha avuto un ruolo importante nella stesura di “Rabbit’s Hill – part 1”, probabilmente quello del gruppo con le influenze più lontane rispetto al classico metal. Non disperiamoci. Subentra un altro elemento valido quale Luca Venturelli che ricordiamo essere in forza ai thrashers Mad Maze. Capita anche, come ben sapete, che il cantante Alessandro Conti venga notato e reclutato nei suoi Luca Turilli’s Rhapsody . Così scorrono gli anni e “Rabbits’ Hill pt.2” viene pubblicato solo ai nostri giorni (l’8 luglio 2016 e per altri dettagli vi rimando alla nostra intervista con Alessandro Conti) da Frontiers Records. Un bel salto di qualità per i Trick or Treat. Riusciranno a reggere la pressione? Andiamo a scavarci dentro….
Qui CONIglio ci COva.
Ed è un coniglio nero. Risolve problemi. Si, ma definitivamente. ‘Inle’ (The Black Rabbit of Death)’ apre o meglio irrompe indomabile…in riff tirati, cori in growl poi si alterano alla voce di Conti che diviene teatralmente alta per poi cambiare di nuovo registro in un coro vistoso e incattivito. Da subito hai l’impressione che i Trick or Treat abbiano accentuato la propria attitudine power rispetto al disco precedente, ma le influenze dei loro amati Helloween qui si alternano a lasciar spazio spesso ad un ibrido in cui si sentono le influenze di Angra e Avantasia. In pratica un power robusto con un attitudine sinfonica.
Cinguettii, chitarra acustica, prendiamoci per mano e cantiamo assieme ‘Together Again’, un lentone cadenzato, fatto di alti e stacchi.Funzionale alla storia, ma poco altro. Asciugate i lacrimoni velocemente, perchè è in arrivo una tempesta signor Wayne…no in realtà si corre veloci su una nuvola a forma di zucca, ‘Cloudrider’. Il basso di Leone Conti saluta Flea e da il via ad un sorpasso in una rincorsa spettacolare a perdi fiato per i campi innominati e antichissimi del power metal. Quando le cose vanno così che ci devi fare. Se non aspettarli sotto il palco strappandoti le corde vocali già malmesse.
Ricomponiamoci. Le conigliette ci aspettano nella Mansion del capitano. Irrompiamo con gli ormoni a palla e ci si para davanti una… ‘Efrafa’, scorre fluida in una linea vocale che all’inizio rimanda al Kiske alla Avantasia per poi evolversi in modo personale, sostenuta da arrangiamenti che mantengono alta la tensione assieme alla bella melodia che attreversa i cori come una pallottola magica.
Srotoliamo il tAPPEto rosso.
I Trick or Treat tirano fuori dal cilindro tre ospiti davvero notevoli andiamo a stanarli.
Sara Squadrani degli Ancient Bards sfila con la sua consueta grazia e bravura in ‘Never Say Goodbye’. Duetta con Alessandro in una power ballad dai toni epico-struggenti.
Il rosso Kakko dei Sonata Arctica sfreccia balistico in ‘United’ catapultato negli impavidi cieli del power metal. Un dialogo tra gli altissimi del power metal. Malgrado la melodia risulti appiattita in stilemi noti, il dialoga in crescendo tra Kakko e Conti è davvero notevole. Poi di nuovo alcuni dettagli fanno la differenza come il motivetto posto in apertura di brano a creare un’onda di energia che tracimerà live senza fremi.
Tim “Ripper” Owens passa, ma non saluta, nemmeno un autografo. Qui interpreta il cattivo. Metodo Stanislavski. Martella ossessivo in versione Judas Priest in un brano dai bei passaggi strumentali, con un Conti evocativo e il buon Tim che non molla nulla.
Nel fuggi fuggi generale rotolano zucche, quando si erge imperiosa ‘The Great Escape’ con un corone enorme. I conigli pogano, le zucche continuano a rotolare e il cielo è dannatamente arancione…bat ui comit miistache, end sciure (cough cough)! Fermiamoci qui, non a tutti è dato di imitare gli Dei mentre cantano, ascoltiamo felici e basta.
La decima traccia intitolata ‘Showdown’ supera i dieci minuti di durata ed è costruita su virtuosismi di chitarra davvero notevoli, orchestrazioni imponenti e strumenti a fiato in apertura. Le linee vocali di Conti viaggiano nella stratosfera a tracciare passaggi eleganti e davvero personali. Metteteci poi un finale da urlo con un passaggio mimetizzato alla Helloween dei Keeper of the Seven Keys. In pratica i Treat or Treat tirano fuori un coniglio selvaggio al plutonio.
Fino all’ultimo respiro ascoltiamo ‘Last Breath’ un lento che alterna passaggi acustici a distorsioni che diventano scusa per un interpretazione forte e complicata nella voce mai doma di Alessandro.
Tempo di riempire le buche e rifletterci su.
…prima però, tappeto ROSSO. (Ancora)
Alcune cose rilevanti non sono state menzionate, per cui rimediamo:
la copertina creata da Alessandro Conti stesso che ho tentato di mettere in prosa nella mia intro: è davvero splendida. Riesce a essere power e formaggiosa al punto giusto, ma allo stesso sei da subito nella storia.
i cori: Damna degli Elvenking, Sara degli Ancient Bards e Simone Mularoni dei DGM con l’ausilio di Alessandro Conti stesso. Quindi ? Rimbombano nelle orecchie potenti e precisi.
il video: quello di ‘The Great Escape’ girato dalle parti di Modena è davvero ben fatto con un stile definito e originale. Racconta, ma non vuole mimetizzarsi e nemmeno prendersi troppo sul serio. Da vedere.
Riempire BUCHE (conclusione)
Quattro anni sono trascorsi da quello che avrebbe dovuto essere nell’idea originale un doppio album. I brani del 2012 vengono in gran parte riscritti e alcune cose cambiano. “Rabbits’ Hill pt.1’ funzionava egregiamente, perchè era in grado di trovare un mix personale di power metal e influenze diverse, quali hard rock e altro. Ora “Rabbits’ Hill pt.2” ha un attitudine diversa. I Trick or Treat caricano le distorsioni che diventano potenti in un heavy/power da contrapporre ai cori ora possenti e coerenti quindi con un attitudine maggiornente sinfonica. Solo che questa via è davvero molto stretta e necessita sempre di altro per poter emergere. I Trick or Treat, in “Rabbits’ Hill pt.2” innestano le partiture con riff heavy, linee vocali pregevoli e melodie volte a creare un’atmosfera immersiva davvero pregevole grazie anche alla combinazione di effetti sonori sempre azzeccati.
Il limite di questo lavoro potrebbe essere di prendere una via già battuta, dove diviene complicato non calpestare impronte anche famose. In questo senso il disco potrebbe per alcuni rappresentare un passo indietro rispetto al precedente che offriva un bilanciamento diverso tra l’hard rock, il folk e il power davvero pregevole. Di certo l’uscita di Luca Cabri ha avuto il suo peso in questo cambio di direzione. Tuttavia ascoltandolo ripetutamente è possibile trovarci una varietà di soluzioni elaborate dai Trick or Treat in maniera tale da poter piacere anche a chi fosse particolarmente affezionato ai precedenti lavori. Senza dimenticare il fatto di potersi godere la conclusione di una storia che per una volta non è fine a stessa, ma viene raccontata con grande passione dal gruppo italiano. Qui il concept diventa davvero un valore aggiunto (e varrebbe davvero la pena di dare una possibilità anche al libro di Richard Adams!).
In ultimo “Rabbits’ Hill pt.2” alterna canzoni di power spinto alla Helloween a brani che ricordano per impostazione gli Avantasia e Angra. In ogni caso c’è sempre un qualcosa in più nella musica dei Trick or Treat: dal cantato comunque personale di Conti, al basso di Leone Conti, alla chitarra potente del nuovo entrato Luca Venturelli, fino ad arrivare alla produzione impeccabile di Simone Mularoni (non credo abbia bisogno ormai di presentazioni). Non è facile trovare gli equilibri corretti in una produzione così satura di dati ingenereata da un album power metal ricco di cori e mille dettagli. Quindi tanto di capello.
In ultimo i Trick or Treat non sono una band come le altre e quando sono centrati, esplodono in un note cariche di un apocalissi formaggiosa totale. Nuvole di formaggio si espandono ovunque. Carote deflagrano poi in un’epifania di power metal da leccarsi i baffi.
I COnigli ci fiSSano affamAti.
MARCO “Krefeld” GIONO