Recensione: Race Of Time
Un anno dopo il buon debutto Eat Your Heart Out, ecco che gli svedesi Vypera ci mettono in mano questo Race Of Time, un altro bel prodotto che, come il predecessore, molto deve all’hard rock metallico melodico degli anni Ottanta. La terra degli Europe e, oggi, di H.E.A.T. ed Eclipse non smette, dunque, di regalare piacevoli momenti di rock incastonato in quelli che furono i suoi anni più magici.
Se l’opener Hey You ha un piglio abbastanza metallico, Riding On The Wind paga dazio alla melodia che fu dei grandi Triumph, con una capacità d’imitazione (e riproposizione) filologica davvero eccellente.
Certo, proprio nulla di nuovo sotto il sole svedese quando il riff di Mary Jane salta fuori orgoglioso dalle casse del mio consunto impianto stereo e la voce di Andreas Wallström gioca fascinosa intorno a una linea melodica che richiama un po’ i Babylon A.D. Ma l’attitudine è quella giusta e il piedino si muove a ritmo: buon segno.
Carino il mid-tempo di Stormwind, mentre Vicious dimostra la passione degli svedesi per il class metal dei Dokken, pur discostandosene più per qualità che per scrittura.
Ed è class metal anche No Place For A Dreamer, dove fanno capolino pure i Fifth Angel, o addirittura i Riot della metà degli anni Ottanta: insomma, un buon pezzo ascoltato mille volte, ma non per questo da bocciare.
E così via, senza grossi scossoni o rimarchevoli scivolate, con una No Place For A Dreamer che è forse il pezzo più accattivante del lotto, soprattutto in virtù di una struttura non banale, un riffing dinamico e un ritornello semplice semplice che non avrebbe sfigurato su Flesh & Blood.
Fool’s Game è un bel rock melodico adrenalinico. Speedin’ tiene fede al proprio nome e dimostra come i Vypera dovrebbero investire maggiormente su brani tirati e, finalmente, davvero metallici: perché Speedin’ è tanto ovvia quanto amabile.
Daytona è un ottimo hard & heavy cavalcante della East Coast che fu, così come Slave To Love, che chiude piacevolmente Race Of Time.
In sostanza, i Vypera hanno prodotto un altro disco di hard & heavy totalmente votato alla riproposizione di un passato che la giovane band svedese ha potuto gustare solo per sentito dire e attraverso i solchi degli irraggiungibili classici del genere. Alla fine, Race Of Time si ascolta volentieri, seppur sia difficile non sentire in ogni brano un retrogusto amaro che sa di sterilità compositiva e, in ultima istanza, d’inanità. Fin qui, la razionalità del recensore, che, tuttavia, non può negare di essersi trovato a fare air guitar qua e là lungo i solchi del nuovo disco dei Vypera. E forse questo è quel che conta davvero.
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