Recensione: Radiance
Ho la fortuna di poter contare nel novero dei miei amici di una fauna alquanto variegata. Tra quelli con i quali condivido la passione della musica e dei vinili c’è un personaggio estremista e intollerante, soprannominato “il Marchese De Sade”.
Secondo “il Marchese” le recensioni musicali non dovrebbero perdersi in fiumi di parole inutili e giungere, nel minor tempo possibile, al sodo, utilizzando una essenziale, quanto brutale, dicotomia: “Iè (è) ‘Na Bomba/Iè (è) ‘Na Cagata”.
Volendo per una volta aderire a questa filosofia, che non condivido in quanto ci sono album che, pur essendo tutt’altro che capolavori, offrono inaspettati momenti di interesse o nascondono vere e proprie gemme, “Radiance” dei The Dead Daisies è senza ombra di dubbio “’Na bomba”… e la presente recensione potrebbe chiudersi qui.
Mi dilungo solo per raggiungere la lunghezza minima sindacale.
L’attuale formazione dei The Dead Daisies, registra la conferma del mitico Glenn Hughes, che già ci aveva deliziato con la sua voce “nera” nel precedente album, e il ritorno di Brian Tichy alla batteria, in sostituzione di Dean Castronovo il cui ritiro fu annunciato appena dopo l’uscita di “Holy Ground”. Già in occasione della recensione di detto lavoro, a cui rimando, indicavo che l’entrata in scena di Hughes aveva determinato uno spostamento negli equilibri e nello stile musicale della band caratterizzandolo con composizioni più mature e complesse.
La personalità stratosferica del bassista e cantante britannico ha preso in “Radiance” letteralmente il sopravvento e ciascuna delle dieci tracce che lo compongono subisce la sua innegabile influenza.
Il risultato è un album di hard rock, intriso di blues, dal suono ultracompatto, ferocemente grintoso e, al tempo stesso, raffinato nella enorme potenza che esprime.
Aperto sia a sonorità più cupe, rispetto al passato, che ad influenze psichedeliche, “Radiance” rappresenta un ulteriore passo avanti nell’evoluzione del gruppo.
Stabilire quali sono i brani più riusciti è veramente arduo e dipende esclusivamente dai gusti personali.
I fans del rock classico troveranno nella granitica apripista “Face Your Fear” e in “Shine On” pezzi sublimi da godere a tutto volume.
Chi ama riff belli pesanti, al limite del doom, troverà pane per i propri denti in “Radiance”, “Kiss the Sun” e “Cascade”.
Chi predilige brani di grande impatto con chorus di immediata assimilazione amerà “Courageus” e “Not Human”.
A me piace particolarmente “Hypnotize Yourself” che alterna un chorus liberatorio, da urlare a squarciagola, ad atmosfere vagamente psichedeliche, atmosfere presenti anche in “Born to Fly”, che non dispiace affatto.
Chi, più in generale, apprezza la musica di qualità, amerà la scaletta nella sua completezza.
Menzione particolare per “Roll on”, stupendo brano di chiusura, in cui Hughes si scatena in un pezzo rock blues da pelle d’oca, impreziosito dagli archi.
“Radiance” è un album dalla devastante e incontrollabile energia capace di riportare il rock al suo massimo splendore.
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