Recensione: Raido
Giunge al traguardo del primo full length il progetto strumentale di Roberto Scilla (co-fondatore e chitarrista nei Vanargard), dopo le prove tecniche dell’EP Splunge. Nel dicembre 2014, ha visto la luce III, nel maggio del 2015, infine, è iniziata la registrazione di ᚱ (Raido), pubblicato il primo novembre.
L’album si presenta con titolo e artwork allettanti: sullo sfondo di una montagna minacciosa (particolare del quadro paesistico di Peder Andersen Balke, quasi simbolo della Necessità) s’impone la runa germanica dai significati evocativi quali “cavalcare, viaggiare”. Il disco presenta, oltre a tre brani già rilasciati come singoli (“Profondo inverno”, “Sense of failure” e “Journey through the ice realm”) naturalmente riregistrati e con un nuovo missaggio, cinque inediti, le cui tematiche sono incentrate nel viaggio in un regno dove l’inverno dura in eterno con l’aggiunta di elementi della mitologia norrena.
L’opener, nei primi sessanta secondi, ha il merito d’immergere fin da subito l’ascoltatore in un soundscape ovattato e “mistico”. Irrompono, poi, la batteria e le chitarre metal, epicità e poesia hanno campo libero. Gl’inserti di organo arricchiscono un sound severo e fedele al dettato black old-school. Ottimo il finale, in pochi istanti la bufera cessa e resta la voce di un vento crudele in lontananza. Micidiale l’avvio di “Sailing the arctic sea”, con finezze e controtempi delle pelli e ritmi mimetici, che ben si prestano per un dettato odisseico. Senza soluzione di continuità, si continua lungo il viaggio sonoro vichingo con la citata “Journey through the ice realm”. All’inizio del terzo minuto trova spazio un break vellicante, poi torna la furia chitarristica, che si acquieta in parte solo nei secondi finali del pezzo, tra i migliori in scaletta.
“The arrival of the Jöthar”, brano più lungo del disco, ha un avvio simile a quello di “Profondo inverno”, poi l’epifania del Gigante/Titano è fulminante (viene in mente il combattimento presso la barriera sul finire della quarta stagione di Games of Thrones). Al terzo minuto stupisce un assolo modulato di chitarra, con in contrappunto una drum-machine disumana (per l’appunto!). La successiva “Black Tooth” convince un po’ meno e si salva per il synth di organo che dialoga sbarazzino con la chitarre, in questo caso più stoner e meno black.
Siamo sul finale di album. “Sense of failure” ha una seconda parte smagata e depressive; “Standing before the Bifröst stupisce, invece, con un intro orchestrale (a rendere la natura trascendente del ponte dell’arcobaleno), poi prosegue con sonorità pseudo-folk ricordando per un attimo band come Epica, Ensiferum ed Equilibrium. “Einherjar” chiude in crescendo il cd: il guerriero valoroso evocato dal titolo trova il suo meritato catasterismo in quattro minuti circa di metal epico e tonitruante.
In definitiva Raido è un disco coeso e dal minutaggio volutamente contenuto (difficile reggere un’ora di black). Roberto Scilla ha maturato un suo stile personale, arrivando a un risultato convincente. Tutto è giocato sul pathos norreno, sembra di ascoltare l’ipotetica colonna sonora di un film sugli abitanti dello Jutland che furono. Ascoltare Raido è come rivivere una saga che ha come naturale approdo il “blindguardiano” Valhalla, esperienza consigliata!
Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)